"Quando sentivo mio padre fischiare
per le scale di casa, io e mia madre ci guardavamo e capivamo
che aveva vinto alle corse dei cavalli. Allora si preparavano i
pomodori al riso e si andava da Orlando, una trattoria dove si
potevano portare i cibi propri". Così Giovanna Ralli, 88 anni,
fresca del Nastro d'argento alla carriera, racconta all'ANSA un
pezzo della sua infanzia a Testaccio. "Mio padre - continua
l'attrice -, che lavorava in un forno vicino Piazza Fiume, aveva
il vizio del gioco e perdeva quasi sempre. In quel caso non
fischiava, ma tornava a casa dicendo: "Il mio cavallo non è
arrivato per una testa". "Sono cresciuta sotto i bombardamenti -
aggiunge presa dai ricordi - e a dieci anni ero già una donna.
Mi ricordo la guerra, me la ricordo bene, come se fosse ieri. Mi
ricordo quando i fascisti andavano a prelevare i ragazzi nei
loro appartamenti".
Cos'è per lei questo Nastro d'argento? "Il fatto che sia alla
carriera mi riporta indietro nel tempo, a quando mi alzavo alle
quattro di mattina per andare a Cinecittà a fare la figurante.
Poi nel 1950 arrivò Luci del varietà (di Alberto Lattuada e
Federico Fellini, in cui una sconosciuta Ralli è una ballerina
in coppia con un'altrettanto sconosciuta Sofia Loren, ndr) e poi
ancora Villa Borghese di Gianni Franciolini, film in sei
episodi, che ebbe un successo enorme e mi fece capire che dovevo
continuare questa carriera e che dunque dovevo studiare. Chiamai
così in casa una professoressa per istruirmi un po'. A quel
tempo tutti facevano a gara nel regalarmi dei libri, da Roberto
Rossellini a Scarpelli".
Il personaggio più amato? "Elide Catenacci di C'eravamo tanto
amati di Ettore Scola. È il carattere che mi ricorda più me
stessa, era una donna che, proprio come me, non sapeva se
mettere l'acca prima o dopo la o". E il film? "Bellissima, con
una straordinaria Anna Magnani che era, tra l'altro, una mia
grande amica".
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