Presi a cinghiate per un momento
di riposo o riaccompagnati a casa e lasciati senza cure invece
che in ospedale dopo un malore. Sono alcuni degli episodi che
hanno coinvolto braccianti agricoli stranieri emersi
dall'indagine della Procura di Santa Maria Capua Vetere sul
caporalato nei fondi del Casertano, che ha portato all'emissione
da parte del gip sammaritano di quattro divieti di dimora in
provincia di Caserta per altrettanti imprenditori agricoli di
Marano di Napoli, accusati dei reati di sfruttamento del lavoro
e impiego di manodopera clandestina.
L'indagine, condotta dai carabinieri dell'Ispettorato del
Lavoro, è partita in seguito ai controlli effettuati dai
militari dell'Arma sui terreni agricoli e attivati dalla task
force anticaporalato prevista con il progetto "Su.Pr.Eme". I
carabinieri hanno notato dieci braccianti stranieri che
raccoglievano pomodori, e hanno scoperto che nessuno aveva il
contratto, ed erano costretti a lavorare undici ore al giorno
per sette giorni per un paga quotidiana di 30-40 euro. Qualche
bracciante ha poi raccontato ai carabinieri le violenze subite
da caporali e imprenditori agricoli; è così emerso il caso del
lavoratore preso con la cinghia dopo essersi seduto a terra per
riposarsi, o di un altro che era stato colto da malore e
riportato a casa invece che in qualche struttura sanitaria.
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