Ammonta a circa 3.000 miliardi di
yen, equivalenti a 17,3 miliardi di euro, l'importo che il
governo di Tokyo avrebbe speso durante la notte sul mercato
Forex per contenere il processo di svalutazione dello yen al
cambio col dollaro. È quanto anticipano i media locali,
basandosi sulle stime degli operatori, malgrado la mancata
conferma delle autorità monetarie nipponiche.
La sospetta incursione sul mercato, effettuata in
concomitanza con la pubblicazione dei dati governativi
statunitensi - che hanno mostrato un rallentamento
dell'inflazione, rafforzando l'ipotesi di un taglio dei tassi di
interesse da parte della Fed a settembre, hanno fatto risalire
in modo repentino le quotazioni della valuta giapponese sul
dollaro, a quota 158,50, dai minimi in 37 anni, lasciando di
stucco gli investitori. L'entità del valore dell'intervento si
basa sulla differenza calcolata dagli analisti sulle variazioni
giornaliere del saldo delle partite correnti della Banca del
Giappone (BoJ), e gli stessi dati rilasciati dall'istituto. I
tabulati ufficiali del ministero delle Finanze - che legalmente
da mandato alla BoJ di intervenire sul mercato, saranno
rilasciati a fine luglio.
La debolezza dello yen si era resa evidente anche nei
confronti dell'euro, toccando il livello più basso
dall'introduzione della moneta unica europea nel 1999, superando
di poco quota 175. Il principale fattore alla base della
svalutazione dello yen è l'ampio differenziale dei tassi di
interesse esistente tra il Giappone, gli Stati Uniti e l'Europa.
Il governo di Tokyo aveva già speso 9.790 miliardi di yen, pari
a 56,6 miliardi di euro, nel precedente intervento tra aprile e
maggio, quando lo yen trattava a un livello di 160,20.
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