Un'ammirazione e un rispetto senza
confini in Giappone per Alberto Zaccheroni, allenatore della
Nazionale nipponica dal 2010 al 2014: talmente grande da essere
inserito nella Hall of Fame del calcio.
Ad accogliere il tecnico romagnolo a Tokyo per l'occasione,
oltre ai vecchi e stimati dirigenti della federacalcio
giapponese Jfa, anche la principessa Hisako Takamado, membro
della famiglia imperiale e appassionata di sport. Un
riconoscimento che sorprende lo stesso mister, quasi incredulo
dell'esperienza vissuta nel Paese del Sol levante. "Hanno sempre
avuto questa sorta di manifestazione nei miei confronti. Mi
hanno abituato così fin dal primo giorno", ha raccontato
Zaccheroni all'ANSA. "Io so perché stimo loro, ma non riesco a
capire il livello che ho raggiunto in questo Paese: penso di non
aver fatto niente di eccezionale. Avevo un'ottima squadra, che è
sempre stata in sintonia con me. I dirigenti idem. E mi sono
sentito immediatamente in dovere di ricambiare. E ogni tanto mi
sveglio e dico 'ma sono stato davvero il Giappone o me lo sono
sognato qui?'".
L'ex tecnico di Milan e Juventus, tuttavia, ricorda con una
punta di amarezza la Coppa del Mondo in Brasile nel 2014, con i
Blue Samurai ben avviati ma non capaci di esprimere il loro vero
potenziale: "Al Mondiale dovevo far molto meglio. Sono arrivato
troppo sicuro: c'è questo rammarico. La responsabilità è tutta
mia. Noi in pre-mondiale abbiamo fatto tre gol a Bruxelles con
il Belgio, che era il numero uno nel ranking. Abbiamo vinto a
Parigi contro la Francia. Abbiamo pareggiato 2-2 in casa
dell'Olanda di Van Gaal. I risultati erano questi. Al Mondiale
io ero troppo sicuro di andare in fondo. Ero troppo sicuro
perché loro mi hanno dimostrato di esserci sempre, mentalmente.
Io gli ho chiesto uno sforzo troppo alto, ma mentalmente non
erano ancora pronti a recitare un ruolo da protagonista".
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