Nel pantheon delle dive di Hollywood Lauren Bacall avrà sempre un posto a parte, destinato all'eterna modernità. Se Garbo è stata l'intangibilità, Dietrich la sensualità, Marilyn la fisicità, Hepburn (Katharine) la verve e Hepburn (Audrey) la classe, Bacall rivendica per sé un incrocio di elementi che la rendono seduttrice e maschiaccio, vera signora e pozzo dei desideri. La cascata di capelli color miele, le gambe perfette, l'espressione torbida o brillante, la bocca sensuale, le mani forti e affusolate facevano di Betty Jane Perske (nata Weinstein Bacal per parte di madre) uno splendido concentrato di opposti.
Al cinema ebbe vere soddisfazioni da "Detectives's Story" di Jack Smight (1966) in cui ritrovava le atmosfere del noir alla Chandler come nell'immortale "Il grande sonno"; da "Assassinio sull'Orient Express" di Sidney Lumet (1974), "Pret-à-porter" di Bob Altman (1994) e soprattutto "L'amore ha due facce" di Barbra Streisand (1996) che le valse l'unica candidatura all'Oscar in ben 73 film. Uno scandalo a cui l'Academy riparò solo nel 2009 offrendole un Oscar alla carriera (il primo dopo Deborah Kerr) che la diva pretese le fosse consegnato a casa, mesi più tardi.
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