Il 25 gennaio 2016 alle 19.41
Giulio Regeni inviò dall'Egitto il suo ultimo sms. Di lui non si
seppe più nulla fino al 3 febbraio, quando il cadavere,
torturato, fu trovato su una strada tra Il Cairo e Alessandria.
A cinque anni da quel messaggio la verità sull'assassinio del
ricercatore friulano è ancora lontana, nonostante il lavoro
della magistratura italiana e l'impegno del governo. Oggi il
caso sarà discusso nel Consiglio degli Esteri Ue, a parlarne in
videoconferenza sarà il ministro degli Esteri Luigi Di Maio. I
ministri europei potrebbero decidere di muovere altri passi. "La
vicenda di Regeni riguarda tutti, non solo l'Italia", ha scritto
Piero Fassino, presidente Commissione Affari esteri della
Camera, agli omologhi Ue, chiedendo "di assumere ogni iniziativa
parlamentare, sul piano politico e diplomatico, a livello sia
bilaterale sia multilaterale", un "impegno per la legalità
internazionale e per il rispetto dei diritti umani". Intanto la
comunità di Fiumicello, il paese dov'è cresciuto il ricercatore,
si prepara a ricordare Giulio. Quest'anno gli eventi si
svolgeranno in streaming sul sito di 'La Repubblica' e sulle
pagine Facebook 'Il comune informa - Fiumicello Villa
Vicentina', 'Giulio siamo noi' e 'Verità per Giulio Regeni'. Sul
fronte delle indagini, giorni fa la Procura di Roma ha
depositato la richiesta di rinvio a giudizio per il generale
egiziano Tariq Sabir e per altri tre membri dei servizi segreti
del regime del Cairo, Athar Kamel Mohamed Ibrahim, Uhsam Helmi,
Magdi Ibrahim Abdelal Sharif. L'obiettivo dei magistrati
capitolini è portare a processo i quattro 007 che prelevarono
Giulio nel gennaio del 2016, lo trasferirono in una villetta al
Cairo dove per giorni venne torturato brutalmente e poi ucciso.
Un processo che l'Egitto ritiene immotivato e basato su
"conclusioni illogiche".
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