"Ieri ricorreva iI 28esimo
anniversario dell'uccisione in Somalia di Ilaria Alpi e Milan
Hrovatin. La loro vicenda è emblematica delle difficoltà che
impediscono di assicurare alla giustizia i responsabili quando
si uccide un giornalista in un'area di crisi. Ci vogliono
strumenti giudiziari adatti per indagare sulle morti dei
giornalisti. Servirebbe l'istituzione di una Corte
internazionale o investire di questo compito la Corte
internazionale dell'Aja, che già ha competenza per i crimini di
guerra": lo ha detto questa mattina Alberto Spampinato,
presidente di Ossigeno per l'Informazione, inaugurando la
cerimonia pubblica in programma alla Casa del Jazz, durante la
quale è stata deposta una corona per ricordare i due reporter,
alla presenza di Lorenza Bonaccorsi, presidente del I municipio,
giornalisti e alcuni studenti romani. "Bisogna superare il
problema di quella che un tempo si chiamava ragion di Stato,
mentre oggi ci si riferisce a ragioni di opportunità politica,
rapporti diplomatici o economici per non disturbare affari in
corso. Lo abbiamo capito studiando a fondo il caso di Andrea
Rocchelli, ucciso in Ucraina nel 2014", ha proseguito
Spampinato, deponendo la corona di fronte alla lapide con i nomi
di 900 vittime innocenti della mafia e al pannello murale in
memoria di 30 giornalisti italiani uccisi mentre facevano il
proprio lavoro. "Quando si uccide un giornalista in una zona di
guerra prevale un senso di fatalità, invece bisogna stabilire
che non sia stato commesso un omicidio. E in molti casi è stato
così", ha detto ancora, "Ma la giustizia deve fare la giustizia.
Noi vorremmo che Roma, la città di Ilaria, facesse di più per
lei". "E' necessario cercare verità, giustizia, processi veloci
e pene per ogni assassinio di giornalisti, però serve una
riflessione più ampia", ha concluso, "Sono 30 i giornalisti
italiani uccisi, 11 dalla mafia e 19 in zone di guerra, come sta
accadendo in questi giorni in Ucraina. In Italia continua a
essere rischioso cercare la verità".
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