Silvio Berlusconi torna ad attaccare
Volodymyr Zelensky. Ma stavolta, nelle critiche, trascina pure
la premier Giorgia Meloni reduce dalla delicata settimana di
incontri con gli altri leader europei. E così alimenta lo
scontro nella sua stessa maggioranza proprio nel giorno delle
elezioni regionali. Il leader di Forza Italia è durissimo sul
presidente ucraino: "Bastava che cessasse di attaccare le due
repubbliche autonome del Donbass e questo non sarebbe accaduto.
Quindi giudico, molto, molto negativamente il comportamento di
questo signore". Parole di piombo con cui rompe il silenzio
elettorale e che gelano sia palazzo Chigi che la Farnesina. In
più, uscendo dal seggio, dopo il voto per la Lombardia, prende
le distanze apertamente dal capo del governo: "Io a parlare con
Zelensky, se fossi stato il presidente del Consiglio, non ci
sarei mai andato, perché stiamo assistendo alla devastazione del
suo paese e alla strage dei suoi soldati e dei suoi civili".
Nemmeno un'ora dopo, Palazzo Chigi è costretto a rimettere
ordine: "Il sostegno all'Ucraina da parte del governo italiano è
saldo e convinto". La nota non cita le frasi choc del Cavaliere,
ma rammenta che quella posizione era scritta "chiaramente" nel
programma elettorale della coalizione e "confermato in tutti i
voti parlamentari della maggioranza che sostiene l'esecutivo".
Dunque, una nuova crepa rischia di aprirsi nel centrodestra e
nonostante il clima da luna di miele visto nel rush finale della
campagna elettorale nel Lazio e in Lombardia. Il presidente di
FI sembra arenarsi di nuovo sulle posizioni filo-Putin che nei
mesi scorsi avevano innescato un vespaio di polemiche. Ancor di
più ora che la premier sconta gli attriti con la Francia di
Macron (emblematica la distanza tra i due, immortalata nelle
foto dell'ultimo Consiglio a Bruxelles) e da cui ha preso le
distanze proprio sulla scelta di un confronto ristretto con
Zelesky, anziché esteso a tutta l'Unione europea come avrebbe
preferito Meloni. Inevitabile a questo punto temere che le
dichiarazioni del patriarca del centrodestra superino i confini
nazionali. Berlusconi, del resto, va oltre nel suo j'accuse anti
Kiev e si spinge a dare consigli alla Casa Bianca: "Per arrivare
alla pace, il signor presidente americano dovrebbe prendersi
Zelensky e dirgli: 'È a tua disposizione dopo la fine della
guerra un piano Marshall per ricostruire l'Ucraina'". Il Cav
immagina un piano aiuti da 6-7-8-9 mila miliardi di dollari ma
imponendo la condizione della resa: "Che tu domani ordini il
cessate il fuoco - continua l'ex premier nel suo sfogo post
elettorale - anche perché noi da domani non vi daremo più
dollari e non ti daremo più armi". A Zelesnsky riserva
l'appellativo di "signore" e ribadisce che "solo questo potrebbe
convincerlo ad arrivare a un cessate il fuoco". Tace per ora
Matteo Salvini e la Lega, mentre tocca a Forza Italia tentare di
correggere il tiro. Il primo a rimediare è il numero due del
partito, oltre che ministro degli Esteri: "Forza Italia è da
sempre schierata a favore dell'indipendenza dell'Ucraina -
twitta Antonio Tajani - Dalla parte dell'Europa, della Nato e
dell'Occidente". E garantisce lealtà: "In tutte le sedi
continueremo a votare con i nostri alleati di governo
rispettando il nostro programma". Segue la sterzata degli
azzurri, costretti a una nuova rettifica del
Berlusconi-pensiero, come successe a maggio dopo alcune
dichiarazioni fatte a Posillipo, a margine di una convention di
FI, e a ottobre nell'audio rubato nell'assemblea con i
parlamentari. "Il sostegno del presidente Berlusconi in favore
dell'Ucraina non è mai stato in dubbio", è la premessa. Quindi
si spingono oltre: l'ex premier "ha solo espresso la sua
preoccupazione per evitare la prosecuzione di un massacro e una
conseguente grave escalation della guerra", ma non viene meno -
garantiscono - l'adesione di FI alla maggioranza di governo,
alla posizione della Nato, dell'Europa e degli Usa". Per ora da
Mosca arriva una risposta misurata: "Non spetta a me giudicare e
dare i voti a Berlusconi, queste sono cose che riguardano gli
italiani", commenta la portavoce del ministero degli Esteri
russo, Maria Zakharova. Tuttavia osserva: "Mi limito ai fatti, e
i fatti dicono che per otto anni, dal 2014, la Russia ha
insistito perché fossero applicati gli accordi di Minsk per la
pace in Ucraina. Ma questo non era quello che l'Occidente aveva
in mente". Dure le opposizioni che attaccano le incongruenze
della maggioranza. Il Pd, in particolare, sintetizza lo sdegno
chiamando in causa la premier: "Giorgia Meloni è d'accordo con
le parole inquietanti pronunciate da Berlusconi?", chiede la
capogruppo al Senato, Simona Malpezzi e infierisce: Con questi
alleati di governo, la premier non si lamenti di come viene
trattata in Ue". Carlo Calenda liquida Berlusconi come "pessimo"
e osserva: "Ricomincia con i suoi vaneggiamenti putiniani, in
totale contrasto con Ue, il governo di cui fa parte e il
ministro degli Esteri che è anche espressione del suo partito".
SUA/ S0A QBXB
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