di Claudia Fascia
La televisione l'ha vista nascere, l'ha attraversata, l'ha modellata con il suo garbo e la sua ironia mai sprezzante. Ha lasciato un'impronta indelebile che a 15 anni dalla sua morte, avvenuta l'8 giugno del 1999, ancora non accenna a svanire. Corrado Mantoni, che da subito abbandonò il cognome per essere solo Corrado, uno di famiglia, (e da qui il soprannome che Totò coniò per lui: lo "scognomato") domani, 2 agosto, avrebbe compiuto 90 anni.
Nell'immaginario collettivo il suo sorriso, la sua eleganza naturale, la sua aria sorniona marchio di fabbrica del suo modo di rapportarsi al pubblico rimangono legate a trasmissioni diventate cult del piccolo schermo: su tutte la Corrida, nata in radio tra fischi e campanacci negli anni Sessanta e poi portata in tv ancora ai giorni nostri tra alterne fortune, e Il Pranzo è servito, la striscia quotidiana a quiz, che andava in onda all'ora di pranzo.
Ma Corrado prima di approdare nelle televisione appena nata, negli anni Cinquanta, aveva già alle spalle un'esperienza in radio: speaker del radiogiornale in tempo di guerra, annunciò lui la fine della seconda guerra mondiale e la vittoria referendaria della Repubblica sulla Monarchia, 'voce amica' dei militari nel dopoguerra con le trasmissioni per le Forze Armate (Radio Naja), inventando una nuova maniera di fare radio, coinvolgente e confidenziale. Fu poi colonna dell'intrattenimento radiofonico Rai con programmi di successo come Corrado fermo posta, Corrado otto e mezzo, Rosso e nero, che poi portò anche in tv.
Con l'avvento del piccolo schermo, fu uno dei quattro moschettieri, insieme a Mike Bongiorno, Enzo Tortora e Pippo Baudo a tenere a battesimo le prime trasmissioni sperimentali della televisione italiana. "Mi dissero che ero 'telegenico' - raccontava - ma poi pero' non mi chiamavano. Ci vollero apparizioni casuali e apprezzamenti dei giornali nei miei confronti perché la situazione si sbloccasse''. Il primo grande successo televisivo nel 1960 fu proprio Rosso e nero, nel quale fu affiancato da Sofia Loren. Fu poi la volta dell'"L'amico del giaguaro", di "Canzonissima" con la Carrà a mostrare l'ombelico nel tuca-tuca, della prima "Domenica in" che condusse per quattro stagioni dal 1976 al 1979 per lasciare poi il testimone proprio al Pippo Nazionale. Calcò da presentatore anche il palco del Festival di Sanremo.
Ma "lo scognomato" non rifuggiva dalle sfide e negli anni Ottanta con l'affermazione della televisione privata, accetta l'invito di Silvio Berlusconi a trasferirsi armi, bagagli e ironia sulle nascenti reti Fininvest e da lì non si spostò più. "Un distacco naturale", lo definì, non lasciando trasparire mai né nostalgia né amarezza nei confronti di Mamma Rai. Del resto, era nella sua natura: in oltre 50 anni di carriera, tra radio e tv, cercò sempre di rimanere fuori da polemiche e pettegolezzi. Si congedò dal grande pubblico durante l'ultima puntata della sua Corrida, nel dicembre del 1997, quando, commosso, recitò una poesia di commiato.
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