Si intitola 'GraffAnthology-40 years of writing in Italian publishing' la mostra, alla galeria Varsi di Roma, dedicata al writing, una forma di espressione che ha assunto i tratti di una vera e propria disciplina artistica. L'esibizione, aperta fino al 4 ottobre, è ad ingresso libero. Guests: Pietro Rivasi, Simone Pallotta, Jonathan Levin, Kemh, Simo, Bol.
A cura di Alessandra Ioalè e Whole Train Press, la mostra esalta questo 'gioco', come lo chiamano i suoi protagonisti, con alcune caratteristiche fondamentali: spontaneo, selvaggio, concreto ed effimero allo stesso tempo, motivo per il quale la fotografia assume il ruolo fondamentale di documento sia per i writer che per lo studioso interessato a conoscere storia ed essenza della disciplina.
A testimonianza del valore fondamentale che la documentazione ha per il writing, Varsi ospita per la durata della mostra un ricco bookshop ed una piccola sezione di memorabilia a tema.
Il writing nasce come fenomeno di territorializzazione locale, quando, nei primi anni ’70, a New York e Philadelphia, singoli individui lasciano la loro firma sui vagoni della metropolitana e sulle pareti degli edifici. Una firma che nel tempo viene elaborata nello stile, ingrandita e vergata infinite volte sulle fiancate dei mezzi pubblici.
Immediatamente il fenomeno, virale, cattura l’attenzione dei media e diventa protagonista di articoli e reportage, dando vita in seguito a riviste autoprodotte dai writer stessi.
Questo network di magazine, che ha contribuito in modo determinante alla diffusione del writing nel mondo, col passare degli anni si è esteso esponenzialmente grazie all’avvento della tecnologia digitale.
Contemporaneamente diviene relativamente semplice la stampa su supporti cartacei e ciò dà un grande impulso all'editoria di settore, grazie a singoli appassionati ed alle loro autoproduzioni, ma anche a case editrici che hanno investito in pubblicazioni di vario tipo, monografie, saggi o volumi di fine art, realizzando un grande lavoro di selezione ed organizzazione del materiale. Non semplici raccolte, ma strumenti in cui foto e parola scritta si completano, dando luogo a racconti più profondi e coinvolgenti che restituiscono in modo fedele il contesto culturale e lo spirito in cui il fenomeno nasce e si sviluppa.
Questo materiale rappresenta il prolungamento del lavoro dei writer, del loro pensiero, delle loro mani, dei loro strumenti. Lo scatto fotografico è perciò importante tanto quanto il dipingere nello spazio pubblico, ne è una prosecuzione che perpetua e rende immortale l’atto stesso.
LA MOSTRA - In 'GraffAnthology' sono posti in relazione diversi scatti – amatoriali e d’autore – alcuni pubblicati, altri inediti.
Materiale selezionato da Graffiti a New York di Andrea Nelli, uno dei primi libri mai pubblicati sul writing, affianca ad esempio scatti inediti di Blade, firmati da Franco Cautillo per il progetto Kings of Green che nel 2015 ha visto coinvolta anche la Galleria Varsi, immagini estratte dalle monografie e da “Glorious”, tra cui l’opera di Jonathan Levin sulle Stratificazioni della Metro di Roma, un percorso che vede Whole Train Press, anno dopo anno, aggiungere pubblicazioni prestigiose al suo catalogo.
Sono inoltre presenti scatti analogici realizzati da Duke1 e tratti dal volume autoprodotto Panico Totale. Pisa Convention 1996-2000 di Alessandra Ioalé che, con un ricco apparato fotografico, ripercorre la storia delle cinque edizioni di una delle più importanti jam di graffiti italiane degli anni ’90.
Attraverso questa selezione, che copre un arco temporale dagli anni ’70 ad oggi, abbiamo la possibilità di conoscere l’evoluzione degli stili tanto sui treni, quanto nelle hall of fame.
Un dialogo di confronto da cui emergono la grande capacità della fotografia di esprimere l’anima del writing e la capacità della carta stampata di racchiudere tutto questo, portandolo all’attenzione dell’opinione pubblica del panorama dell’arte contemporanea facendo uscire la disciplina dalla strada.
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