Tutti a San Siro per salutare Javier Zanetti. In uno stadio che va verso il 'sold out' il capitano argentino disputerà la sua ultima partita al Meazza prima di chiudere una lunga e luminosa carriera, in cui ha vinto tutto quello che poteva vincere. Diciannove stagioni in Serie A, l'ultima vissuta tra la gioia per il rientro da un grave infortunio e la delusione per il ristretto numero di presenze, solo undici a due turni dalla fine del campionato. Anche nel suo ultimo derby Zanetti non ha messo piede in campo. Lo farà domani, se non a gara in corso nel giro di campo dopo il triplice fischio, senza il boato della Curva Nord ma con il sostegno di altri 70.000 tifosi.
"Sono orgoglioso di quello che ho fatto", ha detto ieri sera alla cerimonia del 'Premio Gentleman', ultimo riconoscimento da calciatore a quasi 41 anni. In una recente intervista Zanetti ha confessato di voler rigiocare due partite, una per rivivere l'emozione della finale di Champions 2010 e una per evitare la sconfitta contro la Svezia nel Mondiale 2002. Non aver conquistato alcun trofeo con l'Argentina è forse l'unico cruccio di una carriera impensabile nel lontano '95, quando è cominciata l'avventura all'Inter. Arrivato con il connazionale Sebastian Rambert, due partite e un impatto sulla storia nerazzurra quasi impalpabile, Zanetti ha disputato 856 gare con la stessa maglia. Aggiungendo le stagioni al Talleres, al Banfield e le presenze in nazionale, è uno dei pochissimi calciatori ad aver giocato oltre mille partite.
Un calciatore esemplare, che in Italia ha collezionato due cartellini rossi e che solo una volta ha perso le staffe in campo, quando Hodgson lo ha richiamato in panchina a pochi minuti dalla fine di Inter-Schalke 04, finale di Coppa Uefa '97. Per tutto il resto della carriera Zanetti è stato il giocatore che ogni tecnico avrebbe voluto, soprattutto per la disponibilità a giocare in ogni zona del campo: difensore, centrocampista, a destra come a sinistra o al centro, garantendo corsa e determinazione. Nei primi dieci anni all'Inter, pur con un solo trofeo conquistato e tante richieste di mercato, ha deciso di restare nella squadra che lo aveva portato in Europa. Dal 2005 ha raccolto i frutti della sua decisione, conquistando scudetti, Coppe Italia e la Champions League di quattro anni fa. Il fiore all'occhiello di un percorso che finirà tra una settimana a Verona, prima di mettersi dietro una scrivania.
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