A breve distanza dalla tragica fine
di Davide Rebellin e dalla scomparsa di Ercole Baldini, il
ciclismo italiano è ancora in lutto per la morte di Adorni, uno
dei personaggi del ciclismo più noti, che segnò un'epoca
dominata da Eddy Merckx e Felice. Il presidente della
Federazione ciclistica italiana (Fci), Cordiano Dagnoni, ha
espresso "a nome di tutto il mondo del ciclismo i sensi del più
profondo cordoglio alla famiglia". Adorni esordì tra i
professionisti nel 1961, a 24 anni, e nel 1964 approdò alla
Salvarani, team con il quale conquistò il Giro d'Italia
dell'anno successivo battendo Italo Zilioli e Gimondi. La
cavalcata di 90 chilometri al mondiale di Imola, quando tagliò
il traguardo con 9'50" su Herman Van Springel e 10'18" su
Michele Dancelli, lo fece entrare nella storia del ciclismo.
Quando scese di sella, nel 1970, il suo palmares contava 60
successi tra i professionisti. Salì sul podio della Corsa Rosa
in altre due occasioni (secondo nel 1963 e nel 1968) e tra i
piazzamenti più importanti ci sono tre podi consecutivi alla
Liegi-Bastogne-Liegi (tra il 1963 e il 1965) e la seconda piazza
alla Milano-Sanremo nel 1965 e al mondiale di Sallanches, nel
1964. Chiusa la carriera sportiva è stato poi dirigente della
stessa Salvarani e della Bianchi. 'Scoperto' da Sergio Zavoli,
che l'ha voluto subito con lui nel Processo alla tappa, ha
dimostrato una capacità comunicativa fuori dal comune, che gli
ha permesso, anche dopo la fine della carriera sportiva, di
proseguire come commentatore.
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