Probabilmente c'è una buona dose di
pessimismo nelle parole di Sandro Luporini quando, in una
recente intervista, afferma che "i ragazzi di oggi non ci
conoscono, quelli della generazione che ha cinquant'anni si".
Quel "ci conoscono" ovviamente sottintende Giorgio Gaber e
quelle opere, scritte insieme in più di trent'anni, che ancora
oggi rappresentano una storia a sé nelle vicende dello
spettacolo e della cultura italiani.
Il primo gennaio segnerà il ventennale della scomparsa di
Gaber, morto a 63 anni nel 2003, e, da mezzanotte a mezzanotte,
sul sito della Fondazione e sul canale Youtube andrà in onda una
maratona video che racconta il percorso davvero unico di un
artista e un intellettuale che aveva cominciato la sua carriera
come pioniere del rock'n'roll negli anni '50 e che, unendo
l'amore per il jazz e per la canzone francese a doti non comuni
di entertainer, era diventato uno dei personaggi più amati della
musica e della televisione prima di intraprendere un percorso
coraggioso e dirompente che lo avrebbe portato a dar vita al
Teatro Canzone, una forma del tutto nuova di rappresentazione in
cui la canzone e il monologo si fondono in uno spettacolo che
per decenni è stato un punto di riferimento necessario per la
riflessione collettiva sull'evoluzione e i cambiamenti della
società.
Giorgio Gaber ha rielaborato in modo originale l'eredità
della scena culturale della Milano della sua epoca, dove si è
formato accanto a Dario Fo, Enzo Jannacci, Luigi Tenco, Franco
Battiato, il cabaret e il Piccolo Teatro in un mix straordinario
e irripetibile. Dalle illusioni del '68 al rapimento Moro, da
Tangentopoli al berlusconismo, dalla caduta delle ideologie al
prefigurarsi del populismo e del qualunquismo venato di
reazione, dai drammi individuali all'incombere del consumismo
fino all'ossessione dell'apparire e dei numeri come principale
criterio di valutazione, gli spettacoli di Gaber e Luporini
hanno vivisezionato i temi più laceranti del dibattito pubblico
degli scorsi decenni senza alcuna concessione al facile
consenso, usando l'ironia e la cultura come strumenti per
esprimere liberamente il proprio pensiero, anche a costo di
attirarsi critiche feroci.
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