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Resti di uri in Mesopotamia, i più antichi antenati del bue

Resti di uri in Mesopotamia, i più antichi antenati del bue

Ultimo esemplare conosciuto fu ucciso in Polonia nel 1627

PISA, 14 novembre 2024, 11:52

Redazione ANSA

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Scoperti i più antichi antenati del bue domestico - uro (Bos primigenius) -, resti sono stati trovati nella valle dell'Indo e in Mesopotamia e risalgono a 10mila anni fa. La ricerca ha coinvolto il paleontologo dell'Università di Pisa, Luca Pandolfi ed è stata pubblicata sulla rivista Nature e condotta dal Trinity College di Dublino e dall'Università di Copenaghen. Pandolfi, paleontologo del Dipartimento di Scienze della Terra dell'Università di Pisa, studia l'evoluzione e l'estinzione dei grandi mammiferi continentali anche in relazione ai cambiamenti climatici.
    Gli uri addomesticati, viene spiegato, erano animali abbastanza simili a quelli selvatici, ma un po' più piccoli, con corna meno sviluppate ad indicare una maggiore mansuetudine.
    Giulio Cesare nel De Bello Gallico (6-28) descrive infatti l'uro selvatico come un animale di dimensioni di poco inferiori all'elefante, veloce e di natura particolarmente aggressiva.
    Dai resti fossili emerge che gli uri selvatici potevano raggiungere un'altezza di poco meno di due metri, i 1000 kg di peso ed avere corna lunghe più di un metro. La loro presenza ha dominato le faune dell'Eurasia e del Nord Africa a partire da circa 650.000 anni fa, per poi subire un forte declino dalla fine del Pleistocene, circa 11.000 anni fa, fino alla sua estinzione in età moderna. L'ultimo esemplare di cui si ha notizia fu abbattuto il Polonia nel 1627.
    "Lo studio su Nature ha analizzato per la prima volta questa specie per comprenderne la storia evolutiva e genetica attraverso resti fossili rinvenuti in diversi di siti in Eurasia, Italia inclusa, e Nord Africa - afferma Luca Pandolfi - Dai reperti, che includono scheletri completi e crani ben conservati, sono stati estratti campioni di Dna antico. La loro analisi ha permesso di individuare quattro popolazioni ancestrali distinte che hanno risposto in modo diverso ai cambiamenti climatici e all'interazione con l'uomo. Gli uri europei, in particolare, subirono una diminuzione drastica sia in termini di popolazione che di diversità genetica durante l'ultima era glaciale, circa 20.000 anni fa. La diminuzione delle temperature ridusse infatti il loro habitat spingendoli verso la Penisola Italiana e quella Iberica da cui successivamente ricolonizzarono l'intera Europa".
    "Nel Quaternario, epoca che va da 2 milioni e mezzo di anni fa sino ad oggi, l'uro è stato protagonista degli ecosistemi, contraendo ed espandendo il proprio habitat in relazione alle vicissitudine climatiche che hanno caratterizzato questo periodo - conclude Pandolfi - Le ossa di questi maestosi animali raccontano ai paleontologi la storia del successo, adattamento e declino, di una specie di cui noi stessi abbiamo concorso all'estinzione".
   

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