L'Azienda ospedaliera di Pisa (Aoup)
e un medico del pronto soccorso sono stati condannati dal
tribunale civile a risarcire con 1,6 milioni di euro i familiari
di Giovanni D'Angelo, imprenditore edile morto il 4 gennaio 2010
all'età di 29 anni e pochi mesi dopo essere diventato padre.
L'uomo, abitante a Cascina, fu dimesso dall'ospedale con la
diagnosi di strappo muscolare, quando invece era stato colpito
da un infarto che ne provocò la morte dopo poche ore. Il giovane
imprenditore arrivò all'ospedale di Pisa in codice rosso, poi al
pronto soccorso venne sottoposto a triage, con assegnazione del
codice verde. Per il medico che lo visitò, scrive il quotidiano,
si trattava di dolore muscolo-scheletrico da curare con
somministrazione di antidolorifici. Tuttavia i dolori alla parte
sinistra del torace continuarono e l'imprenditore morì qualche
ora dopo a causa di un infarto del miocardio in corso da almeno
12 ore, secondo quanto emerso dall'autopsia.
La vicenda giudiziaria si è protratta a lungo. I familiari
hanno tirato in causa l'Aoup e il medico del pronto soccorso. In
tribunale la discussione si è incentrata sull'interpretazione
data in pronto soccorso sulla base di quanto riferito dallo
stesso D'Angelo e sulla valutazione del tracciato cardiaco. Il
giudice ha in parte rigettato le conclusioni dei consulenti
tecnici d'ufficio che si sono basati, nel redigere la propria
perizia, in gran parte sulle dichiarazioni degli stessi sanitari
coinvolti nell'assistenza all'uomo. In particolare, per il
giudice "non è convincente il fatto che l'uomo non avesse
riferito la familiarità a malattie cardiache, come invece aveva
fatto con la prima dottoressa che lo aveva visitato. Inoltre,
anche se la sua giovane età e il fatto che il dolore aumentasse
con la pressione potevano spingere a non pensare a un infarto,
riporta sempre Il Tirreno, i consulenti nominati nel giudizio
penale (tornato in corte di appello dopo una riforma della
sentenza da parte della Cassazione) avevano stabilito che
l'elettrocardiogramma mostrava indizi di possibili problemi
cardiaci. Indizi che si dovevano approfondire con la consulenza
di uno specialista che, invece, non venne disposta. Intanto la
sentenza civile di risarcimento stabilisce un importo di 1,6
milioni per i familiari.
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