Le strategie di isolamento e il
contact tracing con le app possono aiutare il contenimento di
focolai di Covid-19 riemergenti. Lo sottolinea uno studio
pubblicato sulla rivista Nature Communications, frutto di una
collaborazione tra la Fondazione Bruno Kessler (Fbk) di Trento,
il Politecnico di Losanna (Epfl), la Technical University di
Copenaghen (DTU), l'Università di Aix-Marsiglia, la Fondazione
Isi - Torino e l'Università degli Studi di Torino. Tra gli
autori figurano diversi ricercatori che hanno contribuito al
protocollo DP-3T per il tracciamento dei contatti, a cui è
ispirato il sistema di Apple e Google usato da molte delle app
nazionali di tracciamento, inclusa quella italiana Immuni.
Lo studio - i cui primi autori sono i ricercatori della
Fondazione Bruno Kessler Giulia Cencetti e Gabriele Santin
dell'Unità di ricerca Mobile and Social Computing Lab (MobS Lab)
guidata da Bruno Lepri - ha rilevato con una serie di
simulazioni l'effetto del tracciamento digitale dei contatti e
di diverse politiche di adozione ed integrazione del sistema con
altri interventi. La ricerca ha utilizzato dati reali di
prossimità degli individui, "uno degli aspetti innovativi dello
studio - sottolineano gli autori - che fornisce criteri
quantitativi per valutare l'efficacia del contact tracing
digitale in funzione di alcuni parametri critici, come il
ritardo nell'isolamento degli individui allertati ed il livello
di adozione dell'app nella popolazione". I risultati dello
studio mostrano che le strategie di isolamento e il contact
tracing via app possono aiutare il contenimento di focolai
riemergenti se alcune condizioni sono soddisfatte. In
particolare se la propagazione è "complementata da altri
interventi come l'uso di mascherine e il distanziamento fisico,
se l'adozione dell'app è alta, e se il ritardo nell'isolamento
dei contatti è minimo".
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