In Italia, nei prossimi anni,
tra i quattro e i sette milioni di lavoratori e lavoratrici
potrebbero essere sostituiti dalla tecnologia. Le donne
sarebbero meno esposte al rimpiazzo perché impiegate in settori
(come scuola dell'infanzia, cura e assistenza) in cui è meno
elevato l'impiego di robot. Il personale addetto a contabilità,
consegne, casse dei negozi, centralini, portierato e
assemblaggio è invece tra le categorie professionali più esposte
al rischio di automazione. Sono alcune delle indicazioni che
emergono dallo studio "Rischi di automazione delle occupazioni:
una stima per l'Italia", pubblicato sul numero 3 della rivista
"Stato e Mercato" a firma di Mariasole Bannò (prima Università
di Trento, ora Università di Brescia) con Emilia Filippi e
Sandro Trento (Università di Trento).
In base al metodo applicato, la quota di lavoratori e
lavoratrici ad alto rischio di rimpiazzo tecnologico nei
prossimi anni in Italia varia tra il 33% (7,12 milioni di
persone) e il 18% (3,87 milioni).
La perdita di posti di lavoro e la marginalizzazione di
alcune tipologie professionali sono un pericolo in Italia ed è
per questo che la ricerca si conclude con l'indicazione di tre
tipi di intervento. Il primo è creare nuovi posti di lavoro con
attività non automatizzabili per offrire occupazione a chi è
stato rimpiazzato dalla tecnologia e proteggerlo dal rischio di
ulteriore sostituzione. Il secondo è legato all'istruzione e
alla formazione pre-ingresso e durante l'intera vita lavorativa.
Infine, Bannò, Filippi e Trento si concentrano sul veloce
aumento dell'automazione delle professioni che si osserva anche
in Italia: "La rapidità con quale le nuove tecnologie sembrano
distruggere posti di lavoro rende necessaria una riflessione sul
sistema di sostegno generalizzato al reddito di chi perde
lavoro".
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