"Una inversione di tendenza per
evitare la scomparsa delle attività cittadine, cioè lo
spopolamento ed il triste declino dei nostri centri storici".
Gianni Gravante presidente regionale del Trentino Alto Adige di
Federmoda Confcommercio lancia l'allarme. Gravante cita due
dati: uno nazionale uno Trentino. Tra il 2021 e il 2022 in
Italia il report sulla de-natalità dei comparti abbigliamento e
calzature parla della chiusura di 4.112 attività, scese da
177.822 a 173.710, mentre in provincia di Trento sono passate da
1.526 a 1.527, ossia nove in meno.
"Pur in presenza di una apparente tenuta del comparto in
Trentino - lamenta il presidente locale di Federmoda -
analizzando la qualità delle offerte, queste vanno sempre più a
vantaggio della distribuzione organizzata rappresentata da mono
marche". Le piccole aziende si trovano a "dover fare i conti con
l'industria, che disponendo di ingenti risorse finanziarie è
riuscita a catalizzare il dettaglio insediandosi nei centri
urbani sostituendo le attività storiche , costrette alla
dismissione".
La conseguenza è che "i nostri centri urbani si sono
omologati al resto del Paese contribuendo di fatto a rendere
meno appetibile l'interesse dei consumatori e dei turisti per la
perdita dell'offerta commerciale tradizionale". Per Gravante
l'Italia è il paese che "ha pagato lo scotto più alto per la
perdita di migliaia di aziende".
Di qui la richiesta di una "revisione delle liberalizzazioni
delle licenze, degli orari, del mercato online selvaggio"
affinché venga evitato "l'annientamento dei negozi di vicinato
messi in crisi dai vari decreti Bersani, Monti e via dicendo".
Alla Provincia di Trento Gravante chiede di farsi "portavoce di
scelte coraggiose da avanzare al governo nazionale per la
revisione delle leggi sul commercio non in termini nostalgici,
ma attualizzandole alle difficoltà ed al rilancio del
tradizionale italiano altrimenti destinato al declino".
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