"Un 'angelo' in carne ed
ossa", una persona di "grande nobiltà d'animo e stupenda
umiltà", oltre che di "squisita sollecitudine e umanità". Era il
29 settembre scorso e le Suore della Sacra Famiglia di Spoleto -
congregazione fondata a fine '800 a Cannaiola, frazione di Trevi
(Perugia) - parlavano così dell'ambasciatore d'Italia nella
Repubblica Democratica del Congo, Luca Attanasio, morto oggi in
un attentato.
Quello stesso giorno - come si evince da un comunicato
pubblicato sul sito internet della congregazione - il
diplomatico era stato ricevuto a Roma, insieme alla moglie
Zakia, dalla curia generalizia dell'istituto religioso, che lo
aveva voluto ringraziare personalmente per l'impegno profuso nel
rimpatrio di suor Annalisa Alba, missionaria da anni in Congo,
dove, colpita dal coronavirus, si era gravemente ammalata, fino
a trovarsi in fin di vita.
Grazie alla rete di "attenzioni e solidarietà" innescata dal
"giovanissimo e competente" ambasciatore tra altri "angeli
collaboratori" - così continuava il comunicato - la religiosa,
in più step, è stata portata da Butembo a Goma e infine in
Italia, "assistita con la massima cura", fino all'ospedale
Spallanzani di Roma, dal quale è stata successivamente dimessa
dopo essere guarita.
"Ho fatto il mio dovere, è il mio lavoro" aveva risposto
Attanasio di fronte alla gratitudine mostrata dalle religiose,
sempre secondo quanto riferiva il comunicato pubblicato sul sito
internet della congregazione.
"È vero - avevano risposto le suore - ma tutti sappiamo che
una stessa azione può essere accompagnata da atteggiamenti
diversi, e questo fa la differenza".
Per le Suore della Sacra Famiglia di Spoleto, che per
l'occasione avevano scattato una foto ricordo insieme ai coniugi
Attanasio, "è stato bello ed edificante constatare quanto sia
efficace il lavoro indefesso e onesto di tanti lavoratori dello
Stato che, senza clamore, ma nella quotidianità svolgono il
proprio servizio con passione e dedizione".
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