"La telefonata di annuncio del primo paziente positivo al coronavirus a Codogno mi arrivò sul predellino di un treno sul quale stavo per salire per tornare a casa ma che poi non ho più ovviamente preso. Erano le 20.50 del 20 febbraio 2020. Non lo dimenticherò mai": Giuseppe De Filippis era all'epoca direttore sanitario dell'ospedale Sacco di Milano e ripercorre i momenti nei quali venne individuato il paziente zero. Lo fa con l'ANSA a Perugia dove ora è direttore generale facente funzioni dell'Azienda ospedaliera.
"Il laboratorio del Sacco - ricorda De Filippis - era preposto ad analizzare tutti i tamponi insieme a quello di Pavia. Quella sera sapevano che c'era un paziente particolarmente critico e prima di prendere il treno, dal predellino, ho telefonato in laboratorio per chiedere come fosse la situazione. Mi dissero: 'abbiamo il primo caso positivo'. A quel punto sono ovviamente tornato indietro, mi sono messo in contatto con i dirigenti della Regione Lombardia e da lì è partita tutta la macchina organizzativa".
L'allora direttore del Sacco ricorda che il suo compito era di "mandare le ambulanze e i medici a Codogno". "Quella notte - aggiunge - ho coordinato il trasferimento di Mattia e di tanti pazienti al Sacco e negli altri ospedali".
"Ho pianto quando è arrivato il vaccino - dice ancora De Filippis - e ancora oggi dopo due anni vengono le lacrime se pensiamo a quanto tutti abbiamo lottato, a quanto le nostre famiglie hanno patito per il lavoro che facciamo. Ci sono stati però anche aspetti positivi, come la solidarietà tra sanitari e tra la cittadinanza, e tutte le imprese farmaceutiche hanno lavorato su un obiettivo comune, per trovare una soluzione, è stata la prima volta. Guardiamo quindi il lato positivo e impariamo da questo. Dobbiamo valorizzare e credere nella scienza, che è l'unica salvezza. Sarebbe un errore - conclude De Filippis - disperdere ora tutto questo".
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