C'era anche un orvietano, Ferruccio Todini, tra i componenti dell'equipaggio del sommergibile Cappellini, al comando di Salvatore Todaro, ora alla ribalta cinematografica. A raccontarlo all'ANSA sono le figlie Fiorella e Rosa Todini, tenendo in mano decine di fotografie di quando il loro papà, durante la seconda guerra mondiale, era arruolato nella regia marina con il grado di sottocapo motorista e quindi equiparato a un sottufficiale.
Ricordi che riaffiorano proprio all'indomani della proiezione del film "Comandante" interpretato da Pierfrancesco Favino, per la regia di Edoardo De Angelis, che ha aperto l'ottantesima mostra del cinema di Venezia.
"Sapevamo da alcuni mesi che si stava lavorando alla realizzazione di questo film - raccontano le due sorelle - ma quando abbiamo appreso che avrebbe aperto la mostra di Venezia è stata una grande emozione che ci ha fatto ripiombare con la mente ad alcuni racconti di papà". "Ferruccio non amava molto parlare delle sue missioni di guerra, solo in qualche occasione si lasciò andare raccontando di quando salvarono equipaggi nemici dopo averli affondati", spiega Fiorella.
"Nei suoi ricordi c'era anche, purtroppo, quella volta che furono, invece, costretti a lasciare in mare i naufraghi, troppi per trasportarli tutti nel sommergibile", racconta Rosa. "Questo film - sottolineano ancora le figlie - ci consegna sicuramente una luce nuova su quella che era stata in realtà l'attività di papà durante la guerra, non avevamo piena coscienza, ad esempio, che l'equipaggio di cui faceva parte era famoso per salvare i naufraghi, anche se aveva fatto cenno alla storia del mercantile belga Kabalo con i suoi uomini salvati". “Il giorno in cui morì, nel 1994 - ricorda ancora Fiorella - un suo amico mi si avvicinò e mi disse: ‘ma tu lo sai che tuo papà era un eroe di guerra?’, io gli risposi di sì ma in verità lo sto e lo stiamo scoprendo solo in queste ore”. “Così come stiamo capendo un po’ di più della figura di Todaro, papà qualche volta lo aveva nominato, ma senza mai approfondire”, raccontano ancora le donne. Che non mancano di ricordare i tre anni di prigionia a Singapore del loro papà: “Venne catturato dai giapponesi e per sopravvivere raccontava di aver mangiato di tutto, perché il pugno di riso quotidiano che riceveva non era sufficiente”. Infine, Ferruccio padre: “È stato un uomo severo come lo erano quelli della sua generazione, ma estremamente buono. Il nostro papà era una persona perbene e per la nostra famiglia - concludono Fiorella e Rosa - è stato davvero un eroe, ma di tutti i giorni”.
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