"Perugia mia, scusami" sono le prime parole della lettera aperta alla città della sindaca Vittoria Ferdinandi in occasione delle riprese della serie dedicata ad Amanda Knox. "Il tuo dolore non è e non sarà mai per me soltanto un effetto collaterale di una scelta politica, nel momento in cui si manifesta diventa il cuore del problema di fronte al quale non posso rimanere sorda come politica, né tantomeno come persona" aggiunge.
"Non c'è da difendere nessuna scelta politica, anzi - sostiene Ferdinandi -, c'è bisogno di una politica che quando fa male sappia chiedere scusa. Voglio chiederti scusa nonostante io abbia scelto pensando di fare il meglio per te, per tutelarti.
Nonostante io, come immagino tutti i sindaci del mondo, spengo la luce ogni sera e la riaccendo ogni mattina pensando solo ad onorare l'impegno di proteggerti, di custodirti e di valorizzarti. Ho pensato di farlo anche questa volta e invece, questa volta, forse non ci sono riuscita fino in fondo. Ma vorrei spiegartene le ragioni. Anche io ho fatto parte di quel dolore. Ho la stessa età che avrebbe avuto oggi Meredith, frequentavo gli stessi luoghi, gli stessi locali la stessa Perugia piena di vita e di meraviglia di quegli anni. Ricordo il peso e il dolore di quella vita strappata via così violentemente, crimini che a noi donne ancor di più rimangono aggrappati sotto la pelle, perché a morire spesso siamo sempre noi. Ricordo poi la rabbia e l'impotenza di vedere la mia città sbranata dal cannibalismo mediatico, dal vouyerismo perverso del dolore. Gotham city, Sodoma e Gomorra la chiamavano, la mia città, il mio grande amore: la città dei libri, del jazz, dell'Università, dei giovani per le strade a tutte le ore del giorno e della notte. E come in ogni profezia che si autoavvera l'abbiamo vista trasformarsi nelle menzogne con cui l'avevano dipinta. L'abbiamo vista svuotarsi di bellezza, di sogni, di cultura e l'abbiamo vista riempirsi di vuoto, di droga, di spettri che non le appartenevano. È lì che ho cominciato a fare politica, è lì che insieme ai miei compagni di associazione abbiamo cominciato a batterci per difendere l'anima di Perugia".
"Come amministrazione comunale non avremmo mai potuto bloccare la produzione di una serie tv che sarebbe stata comunque realizzata. Avremmo potuto non autorizzare le riprese di cinque scene a Perugia che sarebbero state realizzate in qualsiasi altro borgo della nostra regione. Abbiamo ritenuto che farle girare qui sarebbe stato un elemento di maggiore garanzia e di controllo perché così come abbiamo richiesto e fatto, avremmo potuto visionare e autorizzare ogni scena", sostiene ancora Ferdinandi. "Cinque scene in cui verrà ripresa Perugia nella sua bellezza, le sue piazze, i suoi vicoli e in cui verrà raccontata per quello che è: un luogo di vita e di desiderio in cui i giovani vengono a sognare. E questo è ciò che verrà rappresentato" scrive ancora Ferdinandi. "Lo abbiamo chiesto ed ottenuto da contratto - aggiunge - sulla base dell’accordo con la produzione. E questo è stato possibile perché abbiamo concesso di girare a Perugia. Ho incontrato personalmente la produttrice e ho chiesto rispetto per la memoria di Meredith e di Perugia. Abbiamo chiesto garanzie e ci sono state svelate le scene e le ambientazioni. Chiedo scusa a chi si è sentito tradito da questa scelta. Ma l’abbiamo compiuta con questa intenzione e con questo spirito. Rispetto e apprezzo la scelta del sindaco di Avetrana, ma le equiparazioni semplicistiche dei giornali spesso si perdono l’essenziale: ogni scelta è il frutto di termini e bilanciamenti differenti. Se ci avessero chiesto di girare un crime dal titolo 'Perugia, il delitto Meredith' la nostra decisione sarebbe stata molto diversa. Qui in gioco c’era la possibilità che Perugia entrasse in una storia biografica, semplicemente con la bellezza di ciò che è e che rappresenta. In questi giorni mi sto accorgendo di quanto Perugia stia ancora facendo i conti con quel dolore e forse anche io. Me ne sono accorta ascoltando il dolore e la rabbia di quei cittadini e di quelle cittadine che mi sono venuti a chiedere le ragioni di questa scelta. Dolore e rabbia di cui sento in questo momento tutto il peso della responsabilità. Credo che sia dovere di un amministratore difendere l’immagine e l’onorabilità della propria città. Volevo offrire a Perugia una possibile occasione di riscatto, l’opportunità di mostrarsi, anche dentro una storia tragica, per quello che è. Eppure per cercare di tutelare l’immagine della città per un attimo ho perso di vista le persone, il dolore vivo della loro carne. E questo mi addolora e di questo voglio chiedere scusa. Non si è trattato di nessun interesse economico ma semmai di pensare che tutto quel dolore potesse restituire qualcosa alla nostra città. Ho pensato che da quella nostra ferita potesse entrare un po’ luce e invece da terapeuta dovrei saperlo molto bene, quando le ferite sanguinano c’è bisogno di sapere attendere il tempo del dolore". "Ed ogni dolore ha il suo, perdonami per non averlo saputo rispettare” conclude la sindaca.
Riproduzione riservata © Copyright ANSA