Dopo cinque secoli la Pinacoteca
comunale di Città di Castello si riappropria di un'altra perla
d'arte di Luca Signorelli: il restauro integrale della Pala di
Santa Cecilia, che va ad aggiungersi ad altre opere del maestro
custodite nel Palazzo Vitelli alla Cannoniera, rivela infatti la
mano prevalente del grande pittore del Rinascimento.
L'opera era stata destinata al Louvre, per volere del primo
direttore Vivant Denon, uomo di fiducia di Napoleone, e solo le
sue dimensioni (due metri per tre) ne impedirono la partenza. La
predella fu invece ritrovata nel 1945 fra i capolavori destinati
al museo immaginario di Hitler.
La cosiddetta Pala di Santa Cecilia della Pinacoteca comunale
di Città di Castello, era offuscata dalla patina del tempo, da
forti traumi e da pesanti ridipinture, che avevano portato i
critici a ritenerla in modo generico un'opera di scuola
signorelliana.
L'intervento di restauro è stato presentato in anteprima
sabato mattina alla stampa e poi nel pomeriggio con una
cerimonia ufficiale nella Pinacoteca comunale di Cittá di
Castello, alla presenza di Tom Henry, professore Emerito di Kent
University e massimo esperto di Luca Signorelli a livello
internazionale, che ufficialmente ha proposto la nuova
autografia "Luca Signorelli e Bottega".
L'intervento, reso possibile da "eCampus Università" tramite
Art Bonus, su ideazione del ricercatore, Giuseppe Sterparelli, è
stato condotto da Paolo Pettinari, sulla pellicola pittorica,
Marco Santi sul supporto ligneo e Francesca Rosi nelle indagini
scientifiche, sotto la supervisione della Soprintendenza
archeologia, belle arti e paesaggio dell'Umbria, con il
soprintendente, Giuseppe Lacava ed il funzionario storico
dell'arte Giovanni Luca Delogu.
"Esistono molti modi di celebrare un artista e solitamente i
restauri oltre alle mostre sono gli strumenti migliori. Questo
intervento permette di valorizzare non solo la Pala di Santa
Cecilia, ma anche di ridare la giusta attenzione alla tarda
attività di Luca Signorelli, che si rivela cruciale per capirne
veramente il percorso e la storia. E il lavoro di Signorelli a
Città di Castello riveste un ruolo di primaria importanza, anche
per la formazione del giovane Raffaello", ha dichiarato, Tom
Henry, (Kent University, autore 'The life and art of Luca
Signorelli' (Yale, 2012, ed. italiana Petruzzi, 2014).
Un restauro multidisciplinare che ha coinvolto anche Cnr e
Università di Perugia e che si è rivelato determinate per la
definitiva attribuzione al pittore rinascimentale, sconfessando
quanto scritto nel 1923 da Mario Salmi, il quale aveva associato
l'opera ad un mediocre pittore eugubino, tale Pietro Baldinacci,
influenzando gran parte della critica successiva.
Il lavoro è durato circa un anno, nel quale si sono
alternate le operazioni principali di pulitura e risanamento
della struttura lignea del tavolato. Oggi è possibile osservare
il Gesù Bambino e le sue nudità che vennero omesse da un
rifacimento totale dell'anatomia con aggiunta del perizoma, i
piedi nudi della Vergine coperti da calze fiorate, la tunica
rossa trasformata in una alla moda seicentesca e la bellezza
raffinata di Santa Cecilia e Santa Caterina la cui fisionomia fu
letteralmente modificata.
L'opera ha riacquistato la sua luce mettendo in mostra il
trionfo di colori tipico delle opere di Signorelli.
La Pala di Santa Cecilia, nella pinacoteca tifernate dal 1912
è dunque un'opera ritrovata, specchio della feconda stagione di
Luca Signorelli a Città di Castello, dove esordì - ricorda
l'ufficio stampa del Comune - come allievo di Piero della
Francesca.
"Abbiamo l'onore di restituire ai contemporanei un'opera di
pregiatissima fattura - hanno sottolineato Luca Secondi, sindaco
di Città di Castello, e Michela Botteghi, assessore alla Cultura
- imponente per tecnica e per dimensioni, in cui lo stile e la
maestria di Signorelli sono apprezzabili sia nell'insieme che in
particolari di rara bellezza. Erano secoli che la Pala di Santa
Cecilia aveva perso il suo aspetto originale. Oggi possiamo
vederla come appariva ai nostri concittadini del Cinquecento: un
privilegio che non accade spesso e per il quale ringraziamo
l'Università E Campus, che ha finanziato il progetto di
restauro. Città di Castello è una città che nel corso del tempo
deve molto al mecenatismo grazie al quale ospitiamo nei nostri
musei opere di Signorelli e Raffaello, De Chirico, Pistoletto. È
importante
che questo proficuo rapporto tra pubblico e privato per la
valorizzazione dei beni culturali continui anche in futuro. Per
oltre un anno tante persone hanno lavorato quasi quotidianamente
per il recupero della Pala di Santa Cecilia: ringraziamo Tom
Henry che ha visto l'impronta di Signorelli nascosta dietro i
segni del tempo, la Soprintendenza archeologia, beni culturali e
paesaggio, che ha seguito il restauro in modo continuativo, e il
restauratore Paolo Pettinari. Il cantiere del restauro allestito
in Pinacoteca - hanno concluso sindaco ed assessore - ha
consentito di seguire in tempo reale il difficile e delicato
processo di disvelamento, attraverso i complessi atti critici
che hanno permesso di riportare la pala al suo splendore
originario e di condividere il percorso con i visitatori, le
scuole e la cittadinanza".
Parole di soddisfazione nell'intervento di Francesco Pietro
Polidori (Università "eCampus Università", mecenate
dell'operazione tramite Art Bonus): "la nostra Università, come
naturale sede di promozione del sapere, si è subito prestata a
questa operazione, valevole anche sotto il profilo
dell'attrazione turistica del territorio. In questo senso
abbiamo seguito idealmente l'esempio di un nostro illustre
concittadino, Alberto Burri, che rese possibile il restauro
degli affreschi di Luca Signorelli a Morra, nel nostro
comprensorio, esattamente cinquant'anni fa".
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