"Un generale e un brillante stratega" per Donald Trump. "Un nazionalista e un razzista" per le comunità ebraica e musulmana in America. La nomina di Steve Bannon a 'chief strategist' della Casa Bianca scatena la prima vera e propria bufera sul 45/mo presidente degli Stati Uniti. E la scelta del controverso responsabile del sito conservatore Breitbart News - megafono della campagna elettorale del tycoon - indigna anche i democratici, che di fatto lanciano la loro prima battaglia contro il neo presidente, scendendo in campo con i loro leader in Congresso. E scuotendosi dal torpore in cui erano piombati dopo la disfatta di Hillary Clinton.
Tale è stata la levata di scudi contro una delle prime decisioni di Trump che lui stesso è stato costretto a intervenire: "Chi critica Bannon non guarda al suo curriculum e alla sua esperienza", ha affermato Kellyanne Conway, in corsa per diventare la nuova portavoce della Casa Bianca. Ma la realtà è che la scelta di Bannon rischia di provocare malumori anche tra i repubblicani, aprendo un primo fronte con i vertici del partito. Rischiando anche di gettare le basi per un conflitto interno allo staff della Casa Bianca: tra l'establishment rappresentato dal capo del partito Reince Priebus e l'inner circle che ha appoggiato il tycoon durante la campagna elettorale rappresentato proprio da Bannon.
La nomina di quest'ultimo, attacca il Council on American-Islamic Relations, "rende l'appello all'unità di Trump una presa in giro". L'accusa a Bannon è quella di aver trasformato il suo sito Breibart in uno strumento di "propaganda etnica e di nazionalismo bianco", con posizioni "razziste" e, aggiunge l'Anti-Defamation Legue, "antisemite". Per questo le principali associazioni di ebrei e musulmani negli Usa chiedono che il presidente eletto faccia un passo indietro sulla nomina: "Bannon deve andare via se Trump vuole davvero essere il presidente di tutti".
I leader della minoranza democratica alla Camera dei Rappresentanti e al Senato, Nancy Pelosi e Harry Reid, invitano Trump a riflettere e i suoi collaboratori a "non edulcorare la realtà, che è quella di un suprematista bianco nominato capo stratega della Casa Bianca". "Un chiaro segnale - spiegano - che i bianchi suprematisti saranno rappresentati al massimo livello nell'amministrazione Usa". E a poco è valso l'appello del neo presidente ai suoi sostenitori per fermare ogni forma di razzismo nel Paese. La preoccupazione è che ora la fortissima polemica possa infiammare ancor di più la piazza, con l'ondata di manifestazioni anti-Trump destinata a proseguire nelle prossime ore in tutte le grandi città degli Stati Uniti, a partire da New York.
E non facilita a stemperare le tensioni la posizione espressa da Trump a proposito dell'attesa nomina alla Corte Suprema. La scelta - ha detto - cadrà su un giudice anti-aborto. Il rischio è quello di riaprire su un tema così delicato un durissimo scontro sociale. Come sull'immigrazione, anche se - fanno notare molti commentatori - sul fronte delle deportazioni e dei rimpatri forzati i numeri indicati da Trump non si discostano in realtà di molto da quelli dell'amministrazione Obama.
Steve Bannon, il perché della bufera sulla sua nomina alla Casa Bianca
Ira ebrei e musulmani, ma Trump lo difende. E attacca su aborto
NEW YORK