"Ho gestito il bilancio comunale
come fosse un'azienda familiare" riguardo al "rispetto delle
scadenze" e al "martellamento sui dipendenti". Lo ha detto in
aula Monica Carcea, ex assessore comunale di Saint-Pierre alla
Programmazione, finanze e patrimonio, imputata per concorso
esterno in associazione mafiosa nel processo Geenna su una
presunta locale di 'ndrangheta ad Aosta.
Antonio Raso, ha riferito l'ex assessore comunale, "l'ho
conosciuto nel suo ristorante, mi è servito per i suoi rapporti
con i politici" ("il primo anno avevo le porte sbarrate"),
mentre Marco Fabrizio Di Donato "non lo vedevo come una persona
pericolosa, era gentile, mia figlia prendeva ripetizioni da sua
moglie", amica della stessa Carcea. Sui rapporti con i due
coimputati aveva posto una domanda il giudice Eugenio Gramola,
soffermandosi sul "livello culturale superiore" di Carcea e
sulle "restrizioni alla libertà personale" a cui era stato
sottoposto Marco Di Donato.
Nata a Nova Milanese nel 1974, per qualche anno - ha ricordato
la stessa imputata - ha anche vissuto in Calabria e si è poi
trasferita in Valle d'Aosta nel 1999, una volta sposata. Per
occuparsi della famiglia ha interrotto gli studi alla Cattolica
di Milano, poi ripresi all'Università della Valle d'Aosta, dove
si è laureata in Economia. "Alessia Favre - ha detto Carcea - mi
aveva proposto un praticantato, ma non ho accettato, avrei
dovuto candidarmi con loro e con gli impegni familiari non ce
l'avrei fatta a occuparmi delle tre cose".
Riproduzione riservata © Copyright ANSA