L'avvocato aostano Maria Rita
Bagalà, agli arresti domiciliari nell'ambito dell'operazione
Alibante della Dda, sotto la regia del padre Carmelo Bagalà,
''partecipava alla cosca'' , garantendo ''l'amministrazione dei
diversi affari illeciti''. Lo scrive il gip di Catanzaro, Matteo
Ferrante, nell'ordinanza di custodia cautelare sottolineando che
il legale, oltre a essere la ''mente legale del clan'', curava
gli interessi economici e finanzieri del sodalizio. Non solo,
aveva assunto anche il ruolo di prestanome della società 'Sole
srl' ed era l'intestataria dei beni patrimoniali e delle quote
societarie della consorteria "costituenti il provento illecito
della varie attività delittuose del clan".
Per gli inquirenti, il marito Andrea Giunti, indagato anche lui
nell'ambito della stessa inchiesta, non solo era a conoscenza
dei fatti, ma amministrativa in prima persona e in maniera
occulta, assieme a lei e al suocero, le attività della
'CalabriaTurismo srl', società interdetta per mafia nel 2016.
Per l'accusa, i due coniugi erano riusciti a ottenere,
indebitamente, un finanziamento pubblico di quasi 600 mila euro
proprio attraverso la società 'Calabria Turismo srl'. Soldi che
avrebbero utilizzato per la ristrutturazione dell'Hotel dei
Fiori a Falerna. Proprio a seguito dell'interdittiva antimafia,
il finanziamento pubblico era stato revocato. Nelle 432 pagine
di ordinanza cautelare, il gip scrive anche come la Bagalà
''unitamente al padre e al marito si sia impegnata nel
reperimento di altre risorse economiche di dubbia provenienza,
finalizzate a perseguire il programma criminoso della cosca''.
Dalle indagini, su Andrea Giunti è emerso che avrebbe
organizzato ''operazioni di riciclaggio di denaro''. Non solo,
avrebbe anche utilizzato proventi per acquistare una discoteca a
Courmayeur. Anche per Giunti, la procura di Catanzaro aveva
chiesto la misura cautelare, respinta dal gip che non ha
ritenuto ''raggiunta la soglia della gravità indiziaria" nei
suoi confronti.
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