(di Enrico Marcoz)
Era tutto grigio a Cogne il 30 gennaio 2002. Grigi erano i prati, sui quali non era ancora caduto un centimetro di neve. Grigio era il cielo, grigie erano le strade. Grigi erano i volti infreddoliti della poca gente che passeggiava per strada.
Mancavano pochi minuti alle 8.30 quando la tranquillità del piccolo paese valdostano, considerato una 'perla delle Alpi', fu spezzata da una telefonata al 118: "Mio figlio ha vomitato sangue, non respira, la prego sta male, sta malissimo...". La voce concitata è quella di Annamaria Franzoni, classe 1971, bolognese, che lassù vive da qualche anno con il marito e due figlioletti. Agonizzante, nel lettone dei genitori, c'era il piccolo Samuele, di soli tre anni. Fu trasportato d'urgenza, con l'elisoccorso, all'ospedale Parini di Aosta dove alle 10 venne certificata la morte per le profonde ferite al capo.
Alle 10.43 il primo lancio ANSA parlava di un bambino trovato morto in casa a Cogne: "Le circostanze del decesso non sono ancora state chiarite, ma l'ipotesi al momento più probabile è che possa trattarsi di un omicidio". Alla villetta arrivarono i carabinieri, poco dopo anche il sostituto procuratore Stefania Cugge. La confusione intorno alla villetta si mischiava alla disperazione dei familiari. In tarda mattinata i primi cronisti erano davanti alla caserma dell'Arma di Cogne. Un giovane cronista era riuscito a parlare al telefono con Annamaria Franzoni, ritiratasi a casa di amici: "Lasciatemi stare, cercate l'assassino....".
Da quel momento il caso Cogne ha occupato le prime pagine dei giornali di tutta Italia, spaccata tra innocentisti e colpevolisti. Il 'circo mediatico' - che solo 9 mesi prima aveva 'assediato' Novi Ligure per il caso di Erika e Omar - in pochi giorni si è spostato ai piedi della Grivola. Alberghi, bar e ristoranti si sono riempiti di giornalisti, operatori, tecnici.
Le piazze si sono trasformate in set televisivi, con l'allora sindaco, Osvaldo Ruffier, che passava da uno all'altro cercando di fermare una valanga che ormai era inarrestabile. Per mesi, anni, in tutta Italia non si è parlato d'altro. La presenza del Ris ha valorizzato le indagini scientifiche, sono stati costruiti plastici per spiegare in tv come potevano essersi svolti i fatti.
Cogne, la patria dello sci di fondo, è stata travolta. I 'cogneins' ma anche i loro più affezionati villeggianti hanno tentato, invano, di scansare domande e interviste. Per mesi, per anni. Oggi in quel piccolo angolo di 'paradiso' i turisti affollano, nonostante il Covid, le piste e le vie. "Il delitto di Cogne? Si, ho sentito qualcosa. Ma ho vent'anni e all'epoca ero appena nata" spiega una ragazza mentre scarica gli sci nel parcheggio vicino al prato di Sant'Orso.
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