(di Fausto Gasparroni)
"Possano tutti i
prigionieri di questa guerra tornare presto a casa. Preghiamo
insieme: tutti i prigionieri tornino a casa". E' l'appello
lanciato da papa Francesco all'Angelus di oggi, dopo aver reso
"grazie a Dio per la liberazione dei due sacerdoti
greco-cattolici". Il rilascio, ieri, dei due padri redentoristi
ucraini Ivan Levytsky e Bohdan Geleta, arrestati dai russi nel
novembre 2022 a Berdyansk, nei territori occupati, illumina
anche la solennità dei Santi Pietro e Paolo per il Papa. E
Francesco ne ha ben ragione, considerando il ruolo decisivo
esercitato dalla mediazione della Santa Sede e del suo inviato
in Russia e Ucraina, card. Matteo Zuppi, presidente della Cei.
Ieri sera, annunciando su X la liberazione da parte dei russi
dei due sacerdoti e di altri otto civili, lo ha riconosciuto
anche il presidente ucraino Volodymyr Zelensky, che ha voluto
ringraziare e "riconoscere gli sforzi della Santa Sede per
riportare a casa queste persone".
Oggi ha fatto altrettanto l'arcivescovo maggiore di Kiev,
Sviatoslav Shevchuk, primate e capo della Chiesa greco-cattolica
ucraina (Ugcc), che "ha espresso la sua profonda gratitudine
alla Sede Apostolica per il salvataggio dei sacerdoti dell'Ugcc
- si legge in una nota pubblicata sul sito dell'Ugcc -. Un
ringraziamento speciale ha rivolto a papa Francesco, al
cardinale Pietro Parolin e a tutto il corpo diplomatico
vaticano". "Un ringraziamento speciale per la mediazione è stato
espresso al cardinale Matteo Zuppi e all'arcivescovo Visvaldas
Kulbokas, nunzio apostolico in Ucraina. Ognuno di loro ha
contribuito in modo inestimabile a rendere questo evento una
realtà", aggiunge il comunicato.
L'inviato papale Zuppi aveva più volte sollecitato il ritorno
dei due redentoristi attivando i canali che già in precedenza
hanno permesso di mettere in moto la rete che ha consentito il
ritorno a casa di decine di bambini ucraini e lo scambio dei
prigionieri. Modalità che hanno permesso di sbloccare l'impasse
che teneva bloccati i due sacerdoti in una prigione sotto il
controllo delle autorità russe.
Nella nota dell'Ugcc si ricorda che "dopo l'invasione su
vasta scala nel febbraio 2022, i sacerdoti Ivan Levytskyi e
Bohdan Geleta hanno deciso di rimanere con la loro gente nei
territori temporaneamente occupati. Servivano sia la comunità
greco-cattolica che quella cattolica romana, essendo un faro di
speranza per le persone sotto occupazione. Sono stati arrestati,
seguiti da alcuni oggetti militari piantati nella chiesa e
accusati di possesso illegale di armi. È stato riferito che
venivano torturati senza pietà per estorcere la confessione di
un crimine che non avevano commesso".
Le accuse sono sempre state respinte e il lavoro della
"diplomazia umanitaria", con il contributo anche della
segreteria di Stato vaticana, ha permesso di chiarire le
circostanze e facilitare il rilascio. I negoziatori hanno
mantenuto il massimo riserbo sull'operazione, e nei giorni
scorsi anche inviati della presidenza russa si sono recati nella
prigione dove i due sacerdoti erano trattenuti. Fino alla
liberazione avvenuta ieri, quando padre Ivan e padre Bohdan
hanno raggiunto Kiev dopo alcune ore di viaggio all'interno
dell'Ucraina, provenendo dai territori occupati. Ad accoglierli
c'erano esponenti delle autorità di Kiev e il nunzio apostolico,
mons. Kulbokas.
Riproduzione riservata © Copyright ANSA