"Nessuna buona fede",
si ribadisce da una parte. "Nessuna frode", si afferma
dall'altra. Con la lettura delle 'closing submission', le
memorie conclusive degli avvocati della Segreteria di Stato e
del finanziere Raffaele Mincione, termina oggi il processo
civile a Londra presso l'Alta Corte di Giustizia del Regno Unito
sulla compravendita del palazzo di Sloane Avenue. Processo
avviato lo scorso 24 giugno dopo l'azione legale presentata nel
2020 da Mincione che mira a ottenere una trentina di
dichiarazioni favorevoli che attestino la sua "buona fede" nella
transazione con la Segreteria di Stato di fine 2018 relativa al
passaggio dell'immobile londinese.
Il processo presso la Royal Court of Justice - ricorda
Vatican News - ha visto al banco dei testimoni il sostituto
monsignor Edgar Peña Parra, il quale nei suoi interrogatori ha
ricostruito la vicenda già al centro del procedimento penale nel
Tribunale vaticano, concluso nel dicembre 2023 con la condanna
di dieci imputati. Tra cui lo stesso Mincione.
In attesa della sentenza a Londra, prevista per il prossimo
autunno, gli avvocati delle due parti hanno depositato le loro
memorie conclusive.
In centoquindici le pagine della memoria del team legale di
Mincione pur ammettendo uno stile particolare nell'agire del
proprio assistito ("He is a buccaneering type"), si confuta il
fatto che la Segreteria di Stato abbia subito una frode.
I legali assicurano che, alla luce della perizia sul valore
di mercato dell'immobile, non sussista la tesi della SdS di aver
acquistato "una scatola vuota" ad un prezzo gonfiato.
In numerosi paragrafi si traccia cronologicamente la storia
dell'ex magazzino Harrod's nella prestigiosa Sloane Avenue,
acquistato da Mincione nel dicembre 2012 per 129 milioni di
sterline più 8 milioni di costi.
Numeri "in netto contrasto", affermano gli avvocati, con le
informazioni fornite all'Ufficio Amministrativo della Segreteria
di Stato, che ricevette una proposta d'acquisto con una
valutazione lorda di circa 230 milioni e un rendimento del
3,75%. Mincione, ricordano i legali, ha sempre parlato di
"distanza tra una valutazione e l'altra", di effetti della
Brexit e di "tagli dei tassi di interesse" che "stavano
crollando". In realtà, "non ci sono prove di alcun cambiamento
nei tassi di interesse tra la fine del 2013 e l'inizio del
2014", si legge nel documento, in cui si parla anche di
informazioni "fuorvianti" in lettere consegnate dal finanziere e
dai suoi associati alla Segreteria di Stato.
Hollander e gli altri avvocati della SdS mettono poi nero su
bianco gli elementi che dimostrerebbero che gli "interessi
finanziari" di Mincione e del broker Gianluigi Torzi fossero
"strettamente intrecciati". I due erano legati da "una serie di
altre transazioni in cui erano reciprocamente finanziatori",
affermano, "entrambi erano a corto di soldi e urgentemente
bisognosi di denaro a causa di accordi presi in relazione alla
vicenda della Banca Carige". In queste circostanze, la SdS ha
rappresentato un "facile bersaglio", perché "già da anni
Mincione ingannava e sottraeva soldi alla Segreteria di Stato".
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