Il Giubileo 2025, che inizierà il 24
dicembre con l'apertura della Porta Santa di San Pietro da parte
di papa Francesco, sarà un momento di grande riflessione e
animazione nella Chiesa. E anche le organizzazioni missionarie
si sentono partecipi e protagoniste di questo evento, portando
il loro contributo di opere che lavorano nei contesti più
difficili, a contatto con le situazioni di grande povertà e
sofferenza.
"Nella situazione attuale anche il Giubileo può mettere in
evidenza le contraddizioni esistenti nel nostro mondo, nel senso
che c'è un Giubileo dei ricchi e un Giubileo dei poveri, di chi
può disporre di risorse per viaggiare e di chi invece vive
nell'estrema povertà quotidiana", dice il prof. Ambrogio
Bongiovanni, presidente della Fondazione Magis, opera
missionaria della Provincia euro-mediterranea dei Gesuiti.
Ma soprattutto, "la dimensione di questo Anno Santo come
'Giubileo della speranza' - una speranza che nasce dalla fede -
ha a che fare con la giustizia. Essere 'pellegrini di speranza'
significa che dobbiamo mettere in movimento la giustizia e
dunque essere operatori di giustizia e di pace".
Per Bongiovanni, il Giubileo, "nel suo significato più
profondo, anche biblico, deve avere l'obiettivo di cercare di
ripristinare una giustizia sociale, deve aiutare tutti a
'fermarsi' per ricostituirla, per far 'riposare la terra'. Direi
che dovremmo fermare anche i conflitti per permettere il ritorno
della giustizia". In altre parole, "il Giubileo è un tempo
opportuno che ci può aiutare a vivere nella consapevolezza dello
squilibrio esistente a livello mondiale. E proprio per il suo
originale rimando biblico dovrebbe aiutarci a riflettere sul
tema della giustizia anche al di là delle sfavillanti proposte
turistico-religiose. Insomma, aiutarci a comprendere
interiormente la necessità di una conversione profonda alla pace
e alla giustizia".
Tra l'altro, secondo Bongiovanni, "qualcosa che forse
dimentichiamo - e proprio in questi giorni c'è stato anche un
nuovo appello di papa Francesco, nel Messaggio per la Giornata
Mondiale della Pace - è la questione della cancellazione del
debito estero dei Paesi poveri, che viene riproposta ad ogni
Giubileo ma che a livello internazionale non viene affatto
considerata". Un discorso, questo, che "è strettamente collegato
al tema dello sviluppo, perché il debito internazionale è un
ostacolo enorme per i Paesi più poveri con delle conseguenze che
sono sempre disastrose per l'intera umanità".
"Ci domandiamo spesso, che speranza può venire in contesti di
morte e di distruzione come quelli che stiamo vivendo in maniera
così eclatante oggi? - continua il presidente del Magis - Non
c'è solo la guerra, c'è l'orrore che è devastante e che punta a
togliere la dignità, la speranza".
Però, nonostante ciò, "noi vediamo sempre una resilienza che,
alimentata dalla fede, diventa un potenziale per risorgere e
sperare in una vita nuova. Questo è ciò che ci fa sentire
'pellegrini di speranza'. Non solo noi come operatori, lo
vediamo anche nelle persone che vivono queste situazioni".
Per quanto riguarda la Fondazione Magis, è l'opera di
cooperazione missionaria internazionale della Provincia
euro-mediterranea della Compagnia di Gesù. "Le aree di
intervento sono varie: soprattutto l'educazione, ma poi c'è il
tema dei diritti, della pace e del dialogo. Negli ultimi anni
abbiamo sviluppato anche il settore della salute. Siamo presenti
in circa 20 Paesi con una cinquantina di progetti in America
Latina, Africa, Asia, e da tempo anche in Europa, in Albania".
Sull'auspicio che la Fondazione Magis si sente di formulare
in vista dell'Anno Santo, "quello principale è il cammino di
conversione che ciascuno di noi deve fare - osserva Bongiovanni
-. Credo ci sia bisogno da parte di tutti di una condivisione,
di mettere in movimento anche le nostre risorse economiche.
Condividere con chi non ha accesso ai servizi primari. Parliamo
della fame, la salute, l'educazione. C'è uno squilibrio nel
mondo e il Giubileo dovrebbe far sentire la necessità di
ridimensionare questo divario. Lo possono fare tutti, non deve
partire solo dalle istituzioni. Le risorse messe in campo nella
cooperazione sono ancora insufficienti e al di sotto
dell'obiettivo internazionale dello 0,7% del Reddito nazionale
lordo, fissato dall'Agenda 2030. E questo purtroppo mentre si
continua ad investire in spese militari".
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