La parrocchia cattolica
della Sacra Famiglia è nel Nord di Gaza e rischia di essere
evacuata ma "le nostre famiglie non vogliono andare". Lo dice il
parroco padre Gabriel Romanelli. Sono attualmente 400 le persone
ospitate nel compound, come riferisce all'Osservatore Romano.
"Non c'è pausa, giorno e notte, dal rumore degli elicotteri e
delle bombe", afferma il sacerdote. "I rumori provengono dalla
zona a nordovest del nostro sito, verso Jabalia e Shita, in
quest'ultima vivevano ancora alcune famiglie cristiane. Ma ora
lì c'è stato l'ordine tassativo di evacuazione. Ormai i pochi
cristiani rimasti sono rifugiati nel le due parrocchie, la
nostra e quella ortodossa. La sede della Caritas e il nostro
centro di formazione San Tommaso d'Aquino - riferisce ancora
padre Gabriel -, che si trovano quattro chilometri a nord del
nostro compound hanno ricevuto l'ordine di evacuazione verso
sud. Fortunatamente entrambi gli edifici sono pressoché vuoti
perché erano in corso lavori di riparazione. Quattro chilometri
sono pochi — aggiunge — e ci aspettiamo che presto le truppe
israeliane arrivino anche nei pressi delle nostre case. Per
questo c'è grande tensione al momento nella nostra comunità.
Anche se noi non abbiamo ancora ricevuto alcun ordine di
evacuazione". Tuttavia "già da qualche settimana abbiamo
ricevuto un messaggio di Idf che definisce la nostra come 'zona
rossa', e indica due corridoi per andare a sud. Le nostre
famiglie però non vogliono lasciare, non so cosa succederà".
Il sacerdote, che quotidianamente riceve la telefonata di
Papa Francesco, chiede: "Perché dovremmo lasciare? Nessuno di
noi è coinvolto nel conflitto. Cosa mai farebbero i nostri
cristiani al sud? Ammassati con altri due milioni di sfollati
palestinesi che non hanno più nulla e vivono nelle tende. Spero
che la nostra condizione di pericolo sia conosciuta anche in
occidente. E confido come sempre nelle capacità d'intervento del
nostro patriarca".
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