Trattare la criticità del granchio
blu, "letteralmente esplosa quest'estate, alla stregua di uno
show cooking non è la soluzione corretta. L'unico obiettivo che
siamo tenuti a perseguire è la redazione, per quanto possibile,
di un programma di contenimento del granchio blu nelle nostre
acque. Il Veneto è chiamato a diventare un faro pure per le
altre regioni afflitte dal medesimo problema".
Così Gianmichele Passarini, presidente di Cia-Agricoltori
Italiani Veneto che aggiunge: "Di certo non si può ridurre
un'emergenza di tale portata, che sta mettendo in crisi migliaia
di attività, con pesantissime ricadute negative in termini
economici, a un 'ricettario' nel quale esaltare la bontà del
granchio blu. È una mera illusione sperare di eradicare
totalmente questa specie nel breve-medio periodo".
Passarini puntualizza inoltre che i cambiamenti climatici
rappresentano una delle cause della proliferazione incontrollata
del granchio blu: "Per la riproduzione, la specie ha bisogno
almeno di circa 25 parti per milione di salinità; con la
progressiva marinizzazione delle aree lagunari, delle foci e
degli estuari dei fiumi l'habitat ad essa congeniale è diventato
molto più ampio rispetto al passato. Questo fenomeno va
affrontato dagli enti competenti, e non subìto. Altrimenti
centinaia di aziende - conclude - saranno destinate a
soccombere, con danni ingentissimi anche al tessuto sociale".
Oggi "è l'intero comparto veneto della pesca ad essere a
rischio", sottolinea in una nota Pescagri Cia Veneto,
l'associazione dei pescatori per la tutela, lo sviluppo e la
valorizzazione della pesca e dell'acquacoltura. "Non solo la
'Cozza di Scardovari Dop' e le vongole. Il granchio blu si ciba
di quasi tutti i tipi di pesce attualmente presenti nell'area
dell'Alto Mar Adriatico".
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