"Stanotte non sono proprio riuscito a dormire, poi oggi sono andato al lavoro, e sono un po' stanco". Si schermisce così Aboubacar Tourè, uno dei tre operai migranti africani che si sono gettati tra i rottami e le fiamme del bus precipitato dal cavalcavia di Mestre, tentando e in parte riuscendo a salvare qualcuno tra i passeggeri. Tourè viene dal Gambia, è in Italia da dieci anni e in precedenza aveva lavorato ad Ancona. Vive assieme ad altri due cittadini nigeriani, in un palazzone alla base del cavalcavia di Mestre. Lavorano alla Idromacchine, società di impiantistica di Porto Marghera, legata alla vicina Fincantieri. Tutti hanno tra i 26 e i 30 anni.
"Ieri stavo cucinando - ha raccontato - e abbiamo sentito una botta come di un terremoto. Il nostro collega italiano Massimo, ha aperto la finestra e ci ha detto che c'era un pullman che era caduto. Allora siamo passati sotto e abbiamo visto il pullman che andava fuoco. C'era una donna che voleva uscire ma sua figlia era dentro. Non parlava italiano, ha detto 'my daughter', mia figlia. Le ho dato una mano, l'ho tirata fuori poi ho tirato fuori la figlia. Ho preso l'estintore per spegnere il fuoco ma non bastava. Sono arrivati i carabinieri, poi i vigili del fuoco. Con loro abbiamo usato il tiracavi e abbiamo fatto un bel lavoro e abbiamo tirato gente fuori, anche un cane".
Purtroppo l'autista non ce l'ha fatta: "L'ho guardato ma aveva la testa con il sangue, era morto. Solo dopo ho preso paura, ma quando la gente chiedeva aiuto non ne avevo. Non avevo mai visto una cosa del genere, gente che moriva con i vestiti bruciati". Il suo collega, Odion Egboibe, nigeriano di 26 anni, ha ringraziato i vigili del fuoco: "Ci hanno dato dei vestiti nuovi, erano tutti sporchi di sangue, anche le scarpe per il mio amico che le aveva perse. Ma io non ho pensato a morire, volevo solo salvare le persone". In tutto, dalla carcassa sono state tirate fuori due persone prima dell'arrivo dei pompieri, e dopo altre due, e un cane: "A lui non è successo niente", ha concluso Egboibe.
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