"No man is an island", scriveva il poeta John Donne, "nessun uomo è un'isola, completo in se stesso; ogni uomo è un pezzo del continente". Ed è da questo concetto che trae ispirazione il progetto per la 60/A Biennale Arte di Venezia la piccola Grenada, l'isola del mar dei Caraibi che a Palazzo Albrizzi Cappello presenta una collettiva curata da Daniele Radini Tedeschi (dal 20 aprile al 24 novembre). E' una delle 88 partecipazioni di Stati esteri alla mostra, articolata tra i Giardini, l'Arsenale e altre sedi nel centro storico. Per Grenada l'intenzione curatoriale è di dare un volto collettivo all'umanità - senza divisioni o separazioni - al punto che la morte di un uomo diventa lutto interiore di ognuno.
Gli artisti, alcuni originari del luogo e altri internazionali, si sono ispirati anche al pensiero dello scrittore martinicano Édouard Glissant, il quale riteneva che ogni popolo non debba avere una identità fissa, bensì debba aprirsi all'ascolto, attraverso al dialogo e lo scambio reciproco. Tra gli artisti in mostra nello spazio di Grenada, Jason deCaires Taylor, autore di sculture "sottomarine" abbandonate nei fondali oceanici, Lorenzo Marini, artista italiano che ragiona su quanto i sistemi linguistici, rappresentati da lettere su tela, possano influire nei rapporti umani creando gorghi e separazioni; Gabriele Maquignaz mette in scena sulla tela un'esplosione mistica e spirituale che apre a una possibilità di salvezza. E poi ancora Suelin Low Chew Tung Antonello Diodato Guardigli, The Perceptive Group, Breakfast, Benaiah Matheson, Nello Petrucci, Frederika Adam e Alma Fakhre.
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