L'aumento delle temperature e la
riduzione delle precipitazioni degli ultimi anni hanno
determinato il prolungamento della stagione dei pollini. La
situazione non è di certo migliore nel Veneto. A confermarlo è
un recente studio pubblicato oggi sulla rivista scientifica
"Atmospheric Environment" , realizzato dal team di ricerca
coordinato da Alessandro Marcon, ricercatore del dipartimento di
Diagnostica e sanità pubblica dell'università di Verona, e
composto da Sofia Tagliaferro, dottoranda e prima autrice del
lavoro scientifico, Pierpaolo Marchetti, e Morena Nicolis.
Lo studio ha analizzato gli andamenti temporali di 9
tipologie di polline di interesse allergologico in Veneto. I
dati sono stati raccolti da 20 stazioni di monitoraggio e
coprono il periodo 2001-2022 per Corylacee come il nocciolo e il
carpino, Cupressacee come il cipresso, Graminacee come frumento,
Oleacee come l'olivo e il frassino e Urticacee come l'ortica e
la parietaria e il periodo 2006-2022 per ontano, betulla,
ambrosia e artemisia.
"I risultati dell'analisi indicano un prolungamento della
stagione pollinica e un aumento del carico di pollini
nell'atmosfera, in particolare nelle aree subcontinentali del
Veneto, ossia la pianura - spiega Sofia Tagliaferro - Tra i dati
più rilevanti emerge l'aumento dei pollini di Graminacee, un
andamento che contrasta con quello osservato nel resto d'Europa
e che potrebbe essere un segnale di una gestione insufficiente
degli sfalci delle erbe".
Tra gli alberi, "degno di nota è anche l'incremento dei
pollini di Oleacee, con un integrale pollinico, indicatore della
quantità totale di polline rilasciato nel corso della relativa
stagione, quasi triplicato negli ultimi 15 anni. continua -
Anche altre specie mostrano aumenti significativi: le
concentrazioni cumulative stagionali di pollini di Cupressacee
sono cresciute del 129%, mentre quelle di Corylacee del 165%".
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