L'aumento significativo dello
stress ossidativo e dei livelli di cortisolo è un segnale che
anche brevi periodi di isolamento e stress psicofisico possono
alterare parametri biologici chiave per chi è nello spazio. E'
uno dei risultati di una ricerca cui ha partecipato anche
l'Università di Padova per valutare in che modo l'esposizione a
condizioni ambientali estreme, simili a quelle spaziali, può
influenzare il corpo umano e come questo reagisce allo stress
dell'isolamento e del distacco dalle condizioni abituali
terrestri.
L'esito di questa ricerca è stato pubblicato nello studio dal
titolo "Environmental study and stress-related biomarkers
modifications in a crew during analog astronaut mission Emmpol
6" sulla rivista scientifica "European Journal of Applied
Physiology".
La riduzione delle ore di sonno e la compromissione della
qualità del riposo hanno ulteriormente evidenziato l'impatto
profondo che queste condizioni hanno sul benessere psicofisico.
"La simulazione di una missione spaziale ci permette di
comprendere come il corpo umano si adatti a condizioni estreme -
spiega Sofia Pavanello, coordinatrice dello studio. Questi
risultati non si limitano ai futuri astronauti, ma offrono
preziose informazioni per migliorare la salute e la sicurezza di
chi vive o lavora in ambienti estremi, come alpinisti, subacquei
e lavoratori in contesti industriali complessi".
Le missioni Emmpol rappresentano un esempio di ricerca
multidisciplinare; la collaborazione tra diversi settori - dalla
biomedicina, alla fisiologia, fino all'ingegneria e architettura
spaziale - ha permesso di raccogliere dati che arricchiscono la
conoscenza scientifica e hanno ricadute pratiche per molteplici
ambiti della vita quotidiana.
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