Non aveva escluso il ritorno. E ora Ignazio Marino è di nuovo sindaco di Roma. (LA LETTERA DI REVOCA DELLE DIMISSIONI). Il chirurgo ci ripensa, si riprende pieni poteri e sfida a viso aperto il Partito democratico. Il marziano, che nel frattempo perde subito pezzi nella sua giunta, ben sette assessori, dà appuntamento in Aula per lo scontro finale.
Uno show down vissuto come un incubo al Nazareno e che il commissario Matteo Orfini non è riuscito ad evitare. Ma il Pd è pronto a tutto per far cadere l'irriducibile sindaco. Anche alle dimissioni in massa dei consiglieri dem insieme ad alcuni colleghi dell'opposizione per arrivare al quorum fatidico dei 25 necessari per mandare a casa Marino.
Le dimissioni dei 25 arriveranno entro oggi. E in Campidoglio è ormai guerra. Alle 16.27 il primo cittadino ha fatto dietrofront firmando la lettera con cui ritira le dimissioni presentate lo scorso 12 ottobre. Dopo alcuni minuti si dimetterà il vicesindaco Marco Causi, seguito a ruota da 6 assessori. Ma il sindaco-chirurgo, orfano di metà della sua giunta, non si arrende.
"Ritengo che ci sia un luogo sacro per la democrazia che è l'Aula", rilancia Marino che ora vuole a tutti costi portare la crisi politica in assemblea capitolina. Lì si dice pronto a confrontarsi con la sua maggioranza. "Per illustrare quanto fatto: le cose positive, gli errori e la visione per il futuro", precisa. Dice proprio "futuro", in barba ad Orfini. Ma il passaggio in Aula Giulio Cesare è un'ipotesi che al Nazareno hanno cercato di scacciare il più possibile lontano perché si tradurrebbe in una Caporetto politica. In una resa dei conti dove Marino potrebbe prendersi la sua rivincita sul partito che lo ha abbandonato, vestendo i panni della vittima e allo stesso tempo del vincitore morale della battaglia ingaggiata con il Nazareno. L'ultima mossa di Marino, il suo ripensamento, spiazza però i consiglieri del Pd in conclave con il loro commissario Matteo Orfini. In casa dem nel pomeriggio si stava elaborando la controffensiva alla strategia Marino: dimissioni di massa dei consiglieri in caso di un dietrofront del sindaco. Ma il marziano li ha anticipati e messi un'altra volta in difficoltà. E il gruppo si spacca. Poi sembra prevalere la ragione di Stato e così i 19 dem stringono un patto con il Centro democratico, una consigliera della Lista civica Marino, entrambi della maggioranza, ma soprattutto con Alfio Marchini e Alessandro Onorato della Lista Marchini, e Roberto Cantiani del Pdl, tutti all'opposizione.
Ancora in forse e corteggiato Mino Dinoi di Movimento Cantiere Italia. Che potrebbe essere sostituito da un altro. Marino nel frattempo va ad un incontro pubblico sulla riqualificazione urbana di via Guido Reni. C'è chi lo applaude, i giornalisti lo inseguono. Lui si dice felice per il "lavoro straordinario della giunta che sta cambiando la città". Più tardi vede la giunta orfana però di Esposito, Causi e Di Liegro, i primi a dimettersi. Sabella, Pucci, Rossi Doria e Marinelli ci sono ma hanno già fatto le valigie. Al suo fianco restano i fedelissimi Cattoi, Caudo, Leonori, Danese, Marino. Non deflette Marino, e dalla giunta esce il suo sogno, seppur a metà: la pedonalizzazione totale di via dei Fori anche se solo nei week end, nei feriali e per un anno. Oggi il sindaco ha ancora appuntamenti. Vuole presentare il nuovo Cda dell'Auditorium, quello che ha fatto tanto infuriare Orfini. Ma domani è un altro giorno. E in Campidoglio non vi è più certezza.
Assedio Pd, poi Marino lascia, "spero non torni mafia"
LA LETTERA DI MARINO IN CUI ANNUNCIA LE DIMISSIONI - "Care romane e cari romani, ho molto riflettuto prima di assumere la mia decisione. L'ho fatto avendo come unica stella polare l'interesse della Capitale d'Italia, della mia città". "Presento le mie dimissioni - spiega -. Sapendo che queste possono per legge essere ritirate entro venti giorni. Non è un'astuzia la mia: è la ricerca di una verifica seria se è ancora possibile ricostruire queste condizioni politiche".
IL VIDEO
FOTO - Avversari e sostenitori del sindaco, tra slogan e cartelli.