"Il problema di fondo di questo
processo sarà la possibilità di rispettare i parametri
costituzionali della ragionevole durata. Io auspico che tutte le
parti si possano comportare tenendo conto di questo parametro.
Un parametro di garanzia sia per le vittime che per gli
imputati. Senza un tempo ragionevole non ci sarà giustizia degna
di questo nome". Lo dice il procuratore Francesco Pinto alla
vigilia dell'inizio del processo per il crollo del ponte
Morandi, il viadotto collassato il 14 agosto 2018 causando 43
vittime. Sono 59 le persone imputate, tra ex vertici e tecnici
di Autostrade e Spea (la società che si occupava di manutenzioni
e ispezioni), attuali ed ex dirigenti del ministero delle
Infrastrutture e funzionari del Provveditorato.
"Qualsiasi istanza dell'accusa - prosegue Pinto - delle
difese e delle parti civili dovrà essere parametrata anche
rispetto al criterio della ragionevole durata del processo
nell'interesse delle stesse parti civili e degli imputati.
Perché ci sarà troppa gente che altrimenti rimarrà sulla
graticola e che potrebbe un domani essere anche assolta così
come ci saranno tanti che hanno diritto a un risarcimento ma che
lo potranno vedere dopo anni".
Per quanto riguarda la protesta dei giornalisti di domani
contro la decisione del presidente del collegio giudicante di
concedere le riprese solo per dieci minuti alla prima udienza
Pinto ha sottolineato come "non c'è alcuna lesione del diritto
di cronaca. Vi è differenza tra diritto di cronaca, garantito, e
spettacolarizzazione. Il processo potrà essere seguito, non
possiamo pensare a una giustizia chiusa dentro il palazzo. Però
è anche vero che un processo di questo genere, con mille occhi
puntati, rischia di essere completamente deformato dalla
presenza costante di telecamere".
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