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Corruzione e turbativa, arrestato un generale dei carabinieri

Corruzione e turbativa, arrestato un generale dei carabinieri

'Appalto truccato in cambio di borse e biglietti per Olimpico'

MILANO, 04 luglio 2024, 14:38

Redazione ANSA

ANSACheck
Il generale Liporace sospeso dall 'Arma - RIPRODUZIONE RISERVATA

Il generale Liporace sospeso dall 'Arma - RIPRODUZIONE RISERVATA

Nell'inchiesta milanese su presunti appalti truccati, corruzione e traffico di influenze illecite, nella quale sono stati arrestati stamani un imprenditore e un generale dei carabinieri, sono anche in corso perquisizioni del Nucleo di polizia economico finanziaria della Gdf di Milano a carico di 22 persone e di uffici dell'Avvocatura Generale dello Stato, del Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti, del Centro Alti Studi Difesa, del Provveditorato Interregionale alle Opere Pubbliche per il Lazio, Abruzzo e Sardegna.

Le perquisizioni riguardano anche sette "persone giuridiche". Le indagini, come si è appreso da fonti investigative, vedono al centro anche i reati di traffico di influenze illecite e turbata libertà di scelta del contraente "per predeterminare il contenuto di un avviso di ricerca di un immobile nella città di Roma da adibire ad uffici per il personale di un Ministero", l'illecito "affidamento di appalti pubblici" e la "irregolare concessione di un contributo pubblico erogato in favore di una società privata". La Gdf sta notificando anche ordini di esibizione di atti e documenti presso diverse "amministrazioni centrali dello Stato".

In una inchiesta del Nucleo di polizia economico finanziaria della Gdf di Milano e del pm milanese Paolo Storari è stata eseguita un'ordinanza di arresti domiciliari a carico del generale Oreste Liporace, comandante dei carabinieri del secondo reggimento allievi, marescialli, brigadieri di Velletri (Roma) per corruzione, turbativa e false fatture su un appalto da quasi 700mila euro per servizi di pulizia della caserma affidato, fino al 2021, all'impresa Fabbro. Stando all'ordinanza del gip Domenico Santoro, il generale sarebbe stato corrotto con 22mila euro, borse di lusso, noleggi auto, biglietti per lo stadio Olimpico e per la Scala di Milano.

Ai domiciliari è finito anche Ennio De Vellis, "imprenditore collegato" a Liporace, ma anche agli imprenditori e fratelli Massimiliano e William Fabbro della Fabbro spa, indagati. L'inchiesta nasce da quella per corruzione che in passato a Milano aveva portato all'arresto di Massimo Hallecker, dipendente di Fiera Milano spa, scattata proprio dalla denuncia di quest'ultima società. Indagine dalla quale erano già venute a galla nel 2022 le "figure degli imprenditori" Fabbro. E' emersa, poi, una "relazione" di interessi tra i due fratelli Fabbro e il generale Liporace, documentata anche da "chat acquisite".

Nell'inchiesta si indaga anche su un presunto traffico di influenze illecite in relazione alla "promessa", non "concretizzata", di "far ottenere" alle società del gruppo Fabbro nel 2022 "appalti all'interno del Vaticano", ma anche uno gestito dai Frati Francescani. E su "un appalto triennale" nel 2020 da 15 milioni di euro "per il servizio di ristorazione presso alcune sedi della presidenza del Consiglio dei Ministri", "effettivamente ottenuto" dalle società dei fratelli Fabbro. Emerge dall'ordinanza del gip Santoro nell'inchiesta della Gdf e del pm Storari.

L'Arma dei carabinieri ha sospeso con effetto immediato Oreste Liporace, il generale arrestato oggi dalla Guardia di Finanza. Contrariamente a quanto appreso in precedenza, il militare è stato comandante reggimento Allievi Marescialli e Brigadieri di Velletri fino al 2021 ed era attualmente - prima della sospensione - direttore presso l'Istituto Alti Studi della Difesa.

Si parla della "esistenza di un meccanismo" sulla base del quale l'imprenditore Ennio De Vellis - che si occupa soprattutto di logistica e oggi finito ai domiciliari così come il generale dei carabinieri Oreste Liporace - "si accaparra le commesse" del Ministero delle Infrastrutture. Lo si legge nell'ordinanza del gip Domenico Santoro, eseguita nell'inchiesta del Nucleo di polizia economico finanziaria della Gdf e del pm di Milano Paolo Storari. Sarebbe stato lo stesso Lorenzo Quinzi, indagato e dirigente del ministero, ad "esternare" con le sue parole intercettate la "esistenza" di questo meccanismo. In un'intercettazione del gennaio scorso diceva: "Su quella ditta, gli abbiamo già dato un sacco di roba! No? C'abbiamo la somma urgenza di là, la somma urgenza di qua (...) il capo è sempre uno! Allora se poi lui fa storie (...) la firmo io, non ti preoccupare". Il riferimento era agli "atti di determina", si legge nelle carte, su servizi "di facchinaggio e 'bandiere'". Dalle intercettazioni emerge, tra l'altro, che Quinzi si sarebbe rapportato anche con una serie di altri funzionari e dirigenti del Ministero, i cui nomi sono citati nell'ordinanza.

Dirigente ministero a imprenditore, 'devo spostare 700 persone'

 "Mi prendo in affitto sto palazzo qua (...) perché devo trasferire 700 persone". Lo diceva, videoregistrato dagli investigatori all'interno del suo ufficio del Ministero delle Infrastrutture, Lorenzo Quinzi, dirigente del Mit indagato nell'inchiesta milanese su presunti appalti truccati, mentre parlava con l'imprenditore Ennio De Vellis il 6 marzo scorso. Il tema del "bando pubblico relativo al servizio di trasloco di 750 dipendenti del Mit", infatti, come si legge nell'ordinanza, è uno degli ulteriori approfondimenti investigativi in corso nell'inchiesta del pm Paolo Storari, radicata per gli arresti come competenza territoriale a Milano, perché l'ultima "utilità" ottenuta dal generale dei carabinieri Oreste Liporace, arrestato, sarebbe stata l'acquisto a Milano di un biglietto per il Teatro alla Scala. Per gli inquirenti, Quinzi avrebbe voluto "veicolare gli affidamenti" del Ministero "a favore delle società di De Vellis", anche per il trasloco dei dipendenti, "in cambio di utilità di varia natura". Prima di iniziare a parlare nel suo ufficio con l'imprenditore, si legge, "l'alto dirigente" avrebbe tirato fuori "dal taschino" della giacca il telefono e lo avrebbe messo nel "cassetto della scrivania". E l'altro gli avrebbe detto: "Io l'ho messo, l'ho lasciato in macchina". Nelle intercettazioni anche i rapporti confidenziali tra De Vellis e Quinzi col primo che diceva all'altro "ci facciamo una bella mangiata, poi gli inviti falli tu (...) facciamo un'ammucchiata tutti quanti". E Quinzi: "Noi c'abbiamo pendenze, fatture te le abbiamo pagate tutte?". E ancora: "Poi magari mi fai un lavoretto quando mi serve". Poi, altre intercettazioni anche sull'appalto per il trasporto dell'orologio del Ministero, con De Vellis che parlava così: "gli dici 'guarda che il trasporto lo deve fare De Vellis'". E ancora le conversazioni sul bando, a firma di Quinzi, pubblicato il 15 marzo scorso sul sito del Mit per la ricerca di un immobile dove trasferire i 750 dipendenti. E De Vellis che offriva, scrive il gip riportando gli atti del pm, "prontamente" la "disponibilità delle sue imprese".

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