Alle 18, tutti ai blocchi di partenza. La sinistra sacrificando le proprie liste dove sono in testa le due Le Pen, la destra rifiutando accordi e serrando i ranghi. Domenica si riparte da zero e la vittoria al primo turno del Front National potrebbe diventare un pò meno storica. I socialisti, grandi perdenti finora, sognano la ripartenza. Mentre Marine Le Pen risponde per le rime al giornalista che le chiede - in diretta al tg delle 20 - se da presidente della Regione pensi di potersi candidare all'Eliseo ("certo, ho un'enorme capacità di lavorare"), Manuel Valls proclama che al ballottaggio la sinistra "può ancora vincere ovunque".
Cinque regioni sono alla sua portata, ma il premier spera anche di più. Intanto, dilagano le discussioni sulle colpe della classe dirigente francese per l'aumento esponenziale dei voti all'estrema destra negli ultimi 20 anni. La parola d'ordine è rigettare la responsabilità sugli avversari negando ogni addebito. In ogni caso - come ha ordinato Nicolas Sarkozy di fronte all'emergenza regionali - l'imperativo è restare tutti allineati fino a domenica. Poi, dibattito aperto su quella che deve essere la linea del partito.
La giornata si è consumata in un braccio di ferro fra i leader socialisti e Jean-Pierre Masseret, capolista nella terza regiona a rischio Front National, il Grande Est dell'Alsazia-Lorena-Champagne-Ardenne. Dopo il segretario Jean-Christophe Cambadelis, era stato il primo ministro Valls a dichiarare ieri sera in tv che nelle regioni dove il FN ha più possibilità di vincere e il PS è tagliato fuori, i socialisti devono votare per il candidato dei Republicains. Il finora sconosciuto dirigente locale Masseret, dopo un bagno mediatico di ore che non aveva mai conosciuto in vita sua, ha resistito ad ogni pressione. Ha detto di no al segretario, ha risposto picche ad un seccatissimo Valls che gli ha mandato un sms ("non puoi aver ragione da solo contro tutti") e non ha nemmeno ceduto di fronte a 71 dei suoi (su un totale di 189) che hanno optato per la desistenza. Ne sarebbero serviti 95, quindi gli "indomabili" - come qualcuno li ha ribattezzati su Twitter - hanno depositato la lista. Che non potrà chiamarsi più socialista, ma che rischia di diventare un nuovo punto di riferimento per l'antipolitica dilagante. Per il resto, la gauche ha ritrovato un minimo di compattezza con gli alleati più tradizionali (Verdi e Front de Gauche) quasi ovunque. Fa eccezione la Bretagna, roccaforte di sinistra dove il candidato e ministro della Difesa, Jean-Yves Le Drian, non ha voluto sentire ragioni e ha respinto ogni accordo con gli ecologisti. Più compattezza, invece, nel campo dei Republicains, dopo il consiglio del partito che - riunitosi ieri - è uscito con una maggioranza di 65 a 2 (gli outsider Raffarin e Kosciusko-Morizet) a favore della linea del "né con i socialisti né con il Front National" scelta con decisione da Sarkozy.
Con lui, allineati, i due potenziali avversari per la corsa alla candidatura di Eliseo 2017, Francois Fillon e Alain Juppé. La sfida sulla linea del partito è soltanto rinviata al dopo-regionali. E Sarkozy ha già pronta la sua ricetta: nuova svolta a destra, ancora una caccia ai consensi sulle terre del Front National, come nel famoso discorso di Grenoble del 2010, quando alla fine del suo mandato all'Eliseo scelse l'opzione autoritaria per tentare di ottenere la conferma. Proprio questo gli ha rimproverato Valls, l'atteggiamento di chi "insegue l'estrema destra"; "quando uno è stato presidente della Repubblica, quando è capo di un partito - ha detto il premier - deve fare delle scelte, non correre dietro al Front National, mettere sullo stesso piano la sinistra e l'estrema destra".
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"Il popolo si è espresso e la Francia ha sollevato la testa. Il Front National è il primo partito di Francia. E' un risultato magnifico", è il primo commento a caldo della leader della pasionaria della destra francese.
"Grande Marine, cambierà anche l'Italia", il commento del leader leghista Matteo Salvini.
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