E' a Roma la delegazione di inquirenti e polizia egiziana di alto livello che incontrerà giovedì inquirenti ed investigatori della Capitale nell'ambito della collaborazione per fare luce sulla morte di Giulio Regeni, avvenuta al Cairo in circostanze ancora da chiarire. Il volo di linea Alitalia 897 proveniente dalla capitale egiziana, con a bordo la delegazione, è atterrato poco prima delle 20 all'aeroporto di Fiumicino.
Il generale Khaled Shalabi. Sarebbe questo, secondo alcune indiscrezioni, il primo nome sul quale si potrebbero concentrare le responsabilità per la morte di Giulio Regeni.
Un anonimo che si dice della polizia segreta egiziana scrive da qualche giorno a Repubblica accusando i vertici egiziani e svelando dettagli delle torture inflitte a Giulio Regeni mai resi pubblici, conosciuti solo dagli inquirenti italiani. Lo riporta oggi lo stesso quotidiano, spiegando che le sue mail sono state acquisite dalla Procura di Roma. "L'ordine di sequestrare Giulio Regeni - scrive l'anonimo - è stato impartito dal generale Khaled Shalabi, capo della Polizia criminale e del Dipartimento investigativo di Giza. Fu Shalabi, prima del sequestro, a mettere sotto controllo la casa e i movimenti di Regeni e a chiedere di perquisire il suo appartamento insieme ad ufficiali della Sicurezza nazionale. Fu Shalabi, il 25 gennaio, subito dopo il sequestro, a trattenere Regeni nella sede del distretto di sicurezza di Giza per 24 ore". Nella caserma di Giza, Giulio "viene privato del cellulare e dei documenti e - continua la mail arrivata a Repubblica -, di fronte al rifiuto di rispondere ad alcuna domanda in assenza di un traduttore e di un rappresentante dell'Ambasciata italiana", viene pestato una prima volta. Chi lo interroga "vuole conoscere la rete dei suoi contatti con i leader dei lavoratori egiziani e quali iniziative stessero preparando". Quindi tra il 26 e il 27 gennaio "per ordine del ministro dell'Interno Magdy Abdel Ghaffar" viene trasferito "in una sede della Sicurezza nazionale a Nasr City". Tre giorni di torture non vincono la resistenza di Giulio e allora - ricostruisce l'anonimo nel testo pubblicato da Repubblica online - il ministro dell'Interno decide di investire della questione "il consigliere del presidente, il generale Ahmad Jamal ad-Din, che, informato Al Sisi, dispone l'ordine di trasferimento dello studente in una sede dei Servizi segreti militari a Nasr City perché venga interrogato da loro". Seguono torture sempre più volente - racconta la fonte -, fino alla morte di Giulio. "Viene messo in una cella frigorifera dell'ospedale militare di Kobri al Qubba, sotto stretta sorveglianza e in attesa che si decida che farne. La decisione viene presa in una riunione tra Al Sisi, il ministro dell'Interno, i capi dei due servizi segreti, il capo di gabinetto della Presidenza e la consigliera per la Sicurezza nazionale Fayza Abu al Naja". "Nella riunione - conclude la mail - venne deciso di far apparire la questione come un reato a scopo di rapina a sfondo omosessuale e di gettare il corpo sul ciglio di una strada denudandone la parte inferiore. Il corpo fu quindi trasferito di notte dall'ospedale militare di Kobri a bordo di un'ambulanza scortata dai Servizi segreti e lasciato lungo la strada Cairo-Alessandria".
Procura di Roma, nessuna rilevanza penale - "Si tratta di un anonimo, uno dei tanti, in casi come questi di forte risonanza mediatica. Non hanno nessuna rilevanza giudiziaria". E' quanto si apprende da ambienti giudiziari di Roma relativamente alla ricostruzione sulla morte di Giulio Regeni apparsa oggi su Repubblica nella quale un anonimo scrive in alcune mail che "l'ordine di sequestrare Giulio Regeni - scrive l'anonimo - è stato impartito dal generale Khaled Shalabi, capo della Polizia criminale e del Dipartimento investigativo di Giza". Per chi indaga, inoltre, le mail scritte da un anonimo contengono una "molteplicità di imprecisioni nella ricostruzione dei fatti e soprattutto in riferimento agli esami autoptici". In sostanza la mail pubblicata "non verrà presa neanche in considerazione" dagli inquirenti così come stabilisce "la procedura penale italiana".
Secondo fonti al Cairo della Stampa, il nome che l'Egitto 'sacrificherà' per la responsabilità della morte di Giulio Regeni potrebbe essere quello del generale Khaled Shalabi. Lo riporta oggi lo stesso quotidiano. Shalabi - ricorda La Stampa - è l'alto ufficiale della Sicurezza nazionale incaricato del caso Regeni; già condannato nel 2003 da un tribunale di Alessandria per aver torturato a morte un uomo e falsificato i rapporti della polizia, ma reintegrato dopo la sospensione della sentenza. Il nome di Shalabi compare anche in una serie di mail inviate a La Repubblica da un anonimo che si dice della polizia segreta egiziana e che afferma come "l'ordine di mettere sotto controllo Regeni e poi di sequestrarlo è stato impartito da Shalabi", secondo quanto riporta oggi il quotidiano.
Renzi, non consentiremo di svicolare - "Abbiamo scelto di far lavorare insieme i magistrati di Italia ed Egitto e siamo impegnati a che su Regeni non sia una verità di comodo ma la verità. Aspettiamo che i magistrati facciano i loro incontri, noi siamo pronti a seguire quel lavoro con grandissima determinazione. Nessun tentativo di svicolare rispetto alla verità sarà accolto da nessuna parte". Lo ha detto il premier Matteo Renzi nel corso di un forum al Mattino.
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