13 MAGGIO - Oggi si chiude. Nel bene o nel male, secondo i punti di vista. Ma l'accordo Lega-Cinque stelle c'è e potrebbe portare a un Governo in tempi rapidissimi, entro la fine della prossima settimana. Anche perchè in caso di fallimento non ci saranno altre chance. Una telefonata di 23 secondi di Luigi Di Maio ha informato il Quirinale che c'è l'accordo con Matteo Salvini ma non ancora il nome. Che sarà però portato oggi a Sergio Mattarella.
Il presidente con tutta probabilità riaprirà nel pomeriggio le consultazioni finali. Quelle che tutti si augurano si chiudano con l'incarico diretto.
Si è dipanata come si prevedeva questa difficilissima domenica di trattative tra Lega e Movimento Cinque stelle: tanti passi in avanti sul programma, enormi difficoltà sul nome del futuro premier.
Ma che sarà portato al presidente e dovrebbe essere un nome secco, di taglio politico. Sembra di essere tornati indietro di un mese quando, seppur meno apertamente, Salvini e Di Maio si cercavano e si parlavano senza trovare la quadratura del cerchio. Ora è diverso. Sia perchè Silvio Berlusconi, nonostante la clamorosa riabilitazione è fuori dai giochi, sia perchè il capo dello Stato non andrà oltre nel distillare ampolle di pazienza.
La richiesta di avere ancora tempo venuta da Salvini e Di Maio è stata ovviamente accolta dal presidente. Ma era ormai chiaro che i due giovani leader avevano bisogno di un recinto, di un perimetro che li costringesse a coraggio e responsabilità per uscire dal "loop" dei veti e dei personalismi. Avevano bisogno di sapere che il tempo era scaduto.
Così come è stata determinante la puntuale "lezione" einaudiana di Dogliani che ha rimesso la chiesa al centro del villaggio facendo capire che non sarebbero passate architetture di governo creative, almeno per quanto riguarda i pilastri fondamentali della politica estera e dell'economia. Una moral suasion continua quella del presidente, garbata ma presente soprattutto in queste ultime ore.
Il bastone e la carota, si potrebbe dire. Mattarella ha calibrato con attenzione richiami e aperture avendo al centro della sua azione la necessità di dare un Governo di legislatura al Paese, sapendo che nulla è peggio di un ritorno immediato alle elezioni. Costruendo anche l'arma di pressione finale: quel governo di garanzia che riposa nel cassetto della scrivania presidenziale.