Non sarà estradato in Russia un
cittadino ucraino accusato dall'autorità di Mosca di essersi
appropriato indebitamente di poco più di 28 milioni e 700 mila
rubli di una fondazione della quale era direttore: lo ha deciso
la Corte d'appello di Perugia, ritenendo che per la situazione
riguardante l'Ucraina e gli attuali rapporti con la Federazione
russa "sussistente e concreto" il rischio che l'uomo possa
essere sottoposto quale cittadino del Paese invaso a trattamenti
"contrari ai diritti fondamentali della persona".
La Procura generale del capoluogo umbro, guidata da Sergio
Sottani, ha infatti reso noto che il 7 marzo i giudici hanno
accolto, "su conforme parere" della stessa Procura generale, la
richiesta dell'Ufficio per la cooperazione giudiziaria
internazionale del ministero della Giustizia, di revoca della
misura del divieto di espatrio disposta per l'ucraino ed ha
ordinato la restituzione a quest'ultimo del passaporto e degli
altri documenti eventualmente a ritirati.
Lo straniero era stato arrestato in Umbria il 20 ottobre 2021
a seguito di una richiesta di estradizione della Federazione
russa sulla base di un mandato d'arresto del 27 ottobre 2017.
Gli veniva contestato che, quale direttore di una fondazione,
nell'agosto 2011, si sarebbe appropriato indebitamente di
28.723.405 rubli russi, con il pretesto di pagare un contratto
mai siglato.
La Corte d'appello aveva all'epoca disposto la rimessione in
libertà dell' ucraino, disponendo il divieto di espatrio e il
ritiro del passaporto.
Ora i giudici hanno rilevato che in base alla Convenzione
europea di estradizione questa non può essere concessa se la
"parte richiesta" ha "motivi seri" per credere che è stata
presentata con lo scopo di perseguire o punire un individuo per
considerazioni di razza, di religione, di nazionalità o di
opinioni politiche. E nel caso del cittadino ucraino hanno
ritenuto appunto "sussistente e concreto" il rischio di
trattamenti contrari ai diritti fondamentali della persona.
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