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ANSAcom - In collaborazione con Assosalute
Quella della salute è da considerare “una sfida epocale ed è una sfida che riguarda tutti, dal quale dipende la sopravvivenza del sistema. Anche guardando semplicemente al recente passato, cominciando dal Covid, che ha stravolto letteralmente le comunità, non solo in termini di emergenza sanitaria, ma di conseguenze sul vivere civile, conseguenze sul tessuto sociale ed economico, con un crollo verticale del prodotto interno lordo dei Paesi”. Lo dice il presidente della Commissione Affari Sociali Ugo Cappellacci.
“Il 6,2 per cento della spesa sanitaria sul Pil”, spiega Cappellacci facendo riferimento alle cifre destinate alla sanità “è una misura esattamente pari a quella che era stata prevista dal governo precedente nelle previsioni. È stata confermata con la differenza che il Pil è aumentato e quindi in termini assoluti anche la cifra destinata alla sanità. C’è una sottovalutazione rispetto a quella che è la media dei paesi europei, che sono tutti su valori superiori al 6,2 per cento. Sono in termini assoluti una cinquantina di miliardi i fondi che mancano per rientrare nella media europea rispetto a quella che è la base attuale, ma dimentichiamo che abbiamo avuto negli ultimi dieci anni un definanziamento di 37 miliardi sulla sanità, che nasce dalla spending review. Esiste una polemica politica che fa parte del gioco delle parti, che è difficile giocarla sui numeri perché questo dovrebbe essere un dato abbastanza oggettivo. Credo che occorra però superare questo tipo di situazione, bisogna cercare di andare a rendere virtuoso questo confronto”.
“Non può esistere -aggiunge - una concezione duale nella quale o si è tutto pubblico o tutto privato. Bisogna che i due sistemi si integrino, intanto rispetto a quella che è la spesa sanitaria nazionale, eliminando i disequilibri che ci sono sul territorio”. Secondo Cappellacci si può arrivare nel medio-lungo periodo a “un equilibrio che sia più a portata di un sistema, che renda merito a quello che è l'eccellenza del nostro servizio sanitario nazionale, che è universalistico. Poche altre realtà del mondo possono vantare un sistema di questo tipo. Ma occorre che diventi anche sostenibile”.
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