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ANSAcom - In collaborazione con Gilead
“Sull'epatite C è necessario un cambio di mentalità. Manca la consapevolezza e questo è dovuto al fatto che le persone non hanno una vera percezione del rischio. Spesso l'epatite C viene stigmatizzata e riconosciuta come un'infezione che possono contrarre soprattutto le persone che assumono sostanze. Non è così, purtroppo. In Italia la malattia è diffusa, a livello generale. Oggi l'epatite C è una minaccia per la salute pubblica”. È quanto afferma Loreta Kondili, ricercatore medico del Centro nazionale per la Salute Globale dell'Istituto Superiore di Sanità, durante il 22/o Congresso nazionale della Società Italiana di Malattie Infettive e Tropicali (SIMIT), al Palazzo degli Affari di Firenze.Da un lato il Governo e le Regioni stanno lavorando fianco a fianco per gestire la malattia, anche attraverso le importanti attività di screening. Dall'altro però, secondo Kondili, è sulla mentalità delle persone che si deve lavorare: “È necessario un cambio di mentalità – aggiunge -. Bisogna fare in modo che ci sia più consapevolezza. Bisogna dirlo, appunto, in modo chiaro: l'epatite C è una minaccia per la salute pubblica”. Per far crescere la consapevolezza dei rischi che si possono correre prendendo l'epatite C, osserva Kondili, “le Regioni hanno il compito di lavorare per una maggiore informazione, sensibilizzando la popolazione sui rischi. Dall'altro lato ci deve essere un impegno attivo anche da parte dei medici per aumentare l’accesso ai test di screening. L’epatite C infatti è una malattia del fegato che però causa anche disturbi extra-epatici: spesso molte comorbidità possono essere associate a questa infezione attiva in atto. Ribadisco quindi l’importanza di intervenire sulla consapevolezza”.
ANSAcom - In collaborazione con Gilead
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