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ANSAcom - In collaborazione con Cassa Depositi e Prestiti
Il comparto della moda continua a trainare il sistema economico italiano nel nuovo mercato globale, grazie a un'industria della filiera che produce 75 miliardi di valore aggiunto, dà lavoro a oltre 1,2 milioni di occupati e contribuisce per il 5% sul pil nazionale e per il 10% sull'export. "Numeri molto importanti che testimoniano la rilevanza di un segmento che da sempre rappresenta il fiore all'occhiello del Mady in Italy, ma che oggi ha di fronte a sé delle sfide congiunturali e strutturali", sfide che "dovrà affrontare facendo leva sui punti di forza, ma anche superando le principali criticità e vulnerabilità del settore" commenta Simona Camerano, head of Scenari economici e Strategie settoriali Cdp, la cui direzione ha realizzato il brief 'Il settore Moda tra sfide e opportunità: quale futuro per il Made in Italy?'. Un'analisi che, partendo appunto da questi numeri, descrive in modo analitico come la moda italiana, esempio di qualità riconosciuto nel mondo, stia reagendo ai recenti cambiamenti del contesto geo-politico globale e alle sfide poste dalla transizione energetica e digitale.
Emerge così che l'Italia, grazie alla sua lunga tradizione manifatturiera, è il primo produttore mondiale di alta moda, con il 29% dei fornitori dei gruppi europei e due terzi dei player del lusso che scelgono il nostro Paese per la produzione. "Il comparto - spiega Camerano - ha una catena di valore aggiunto lunga, articolata, la cui parte centrale è rappresentata dalla produzione di beni di tessili, della confezione dei capi di abbigliamento e della fabbricazione beni in pelle", tre segmenti che da soli "rappresentano il 40% dell'intera filiera, con circa 40 miliardi". "Ma la filiera - continua - è importante anche a valle, perché si contraddistingue per una qualità molto rilevante della catena della vendita sia al dettaglio che all'ingrosso e da grandi brand di franchising, che rappresentano un punto di forza".
Partendo da questi elementi positivi, lo studio è però anche l'occasione per riflettere sui punti deboli del comparto, come la mancanza di un ricambio generazionale "che oggi non si vede in modo abbastanza trasparente", sottolinea Camerano, ma anche della manodopera, "perché purtroppo escono ogni anno dal mercato figure specializzate molto importanti". La riduzione della domanda, legata al calo dei consumi interni ma anche dei cambiamenti a livello internazionale, soprattutto nella clientela asiatica, e la mutata disponibilità delle materie prime sono inoltre le trasformazioni di fronte alle quali la moda italiana deve adattarsi. A questi fattori si sono recentemente affiancati ulteriori elementi di trasformazione: un maggiore focus sull'impatto ambientale e più in generale sulle performance Esg, "facendo leva su cambiamenti di modelli di produzione e quindi sostenendo l'economia circolare", spiega ancora Camerano, il tema dell'innovazione, anche legata all'intelligenza artificiale, e quello dell'aggregazione delle piccole realtà. Oltre il 79% delle circa 53 mila imprese del settore è rappresentato infatti da micro, piccole e medie imprese, che contribuiscono a generare un quinto del fatturato complessivo. "Le piccole realtà fino ad oggi hanno rappresentato un valore - conclude Camerano - perché hanno potuto specializzarsi in nicchie a valore aggiunto molto elevato, ma la competizione globale potrebbe rendere il tema dimensionale un fattore critico di successo".
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