L'1 marzo ricorre l'anniversario del referendum tenutosi tra il 29 febbraio e il primo marzo 1992, voluto e finanziato dall'Unione europea, nel quale il 64 per cento dei cittadini, più di 2 milioni di votanti su 4,2 milioni della popolazione totale, si espresse a favore dell'indipendenza.
Ma per il leader serbo-bosniaco Milorad Dodik, attualmente presidente di turno della presidenza tripartita bosniaca, quella di oggi è una "festa privata dei bosgnacchi (musulmani bosniaci) che non si festeggerà mai nella Rs", perché simbolo della negazione dei diritti e delle sofferenze dei serbi. "Non è la mia festa", ha detto Dodik osservando che "non esiste una legge sulle festività approvata dai tre popoli costituenti" (Serbi ortodossi, Croati cattolici, Bosgnacchi musulmani, ndr) Il referendum di 27 anni fa fu boicottato dai nazionalisti serbi i quali, il precedente 9 gennaio, avevano già proclamato nel parlamento di Sarajevo una Repubblica serba in Bosnia, e un mese dopo la consultazione, l'esercito federale, a larga prevalenza serba, attaccò Sarajevo, dando inizio a tre anni e mezzo di feroce assedio della città. Al termine del conflitto, il 28 febbraio 1995, il parlamento bosniaco proclamò il 1 marzo Giornata dell'indipendenza e Festa nazionale. (ANSAmed).
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