TEL AVIV - Sempre più arroventato in Israele il confronto fra il potere esecutivo ed il giudiziario, dopo che la Knesset ha approvato la prima fase della riforma giudiziaria intrapresa dal governo Netanyahu, ossia la 'limitazione della clausola di ragionevolezza'. In seguito alla presentazione di diversi ricorsi contro la netta revisione di quella clausola (cosa che secondo l'opposizione minaccia potenzialmente la democrazia israeliana), la presidente della Corte Suprema, Ester Hayut, ha convocato per il 12 settembre un'udienza alla presenza di un forum che in questa occasione includerà tutti i suoi 15 giudici: una decisione senza precedenti nella storia di Israele.
Ieri tuttavia, in una intervista alla rete televisiva statunitense Nbc, il premier, Benyamin Netanyahu, non si è impegnato ad accettare a priori una decisione della Corte Suprema, se essa annullasse la 'limitazione della clausola'. In Israele, ha osservato, "i governi rispettano le decisioni della Corte Suprema e la Corte Suprema rispetta le leggi fondamentali, che sono quanto noi abbiamo di più simile a una Costituzione.
Occorre rispettare entrambi i principi".
Il Likud ha intanto pubblicato un comunicato in cui sostiene che la Corte Suprema deve "rispettare le leggi fondamentali" e che se in questo caso non lo facesse "sarebbe un grave colpo per la democrazia israeliana". Più esplicito ancora uno dei dirigenti del Likud, Yuli Edelstein: "Se la Corte Suprema annullasse la 'limitazione della clausola di ragionevolezza' - ha detto ad un giornale religioso - sarebbe una dichiarazione di guerra".
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