Assolto per insufficienza
probatoria. È il verdetto della Corte d'Assise di Napoli per il
65enne Gennaro De Falco, titolare del centro di analisi cliniche
Soviet di Lago Patria (Napoli), che era accusato di aver
strangolato il 12 luglio del 2020 la moglie - la 55enne di
origine ceca Romana Danielova cui era formalmente intestato il
centro - e di aver inscenato un finto suicidio della consorte
con la corda della tenda. La Procura Napoli Nord - sostituto
Valeria Vinci - aveva chiesto l'ergastolo per De Falco,
ritenendo che il manager avesse prima strangolato la donna, per
poi applicarle attorno al collo il cordino della tenda; era
stato il consulente della Procura a stabilire che il solco fatto
dal cordino non era letale, per cui la donna poteva essere stata
solo strangolata dal marito.
La difesa dell'imputato, rappresentata dai legali Alfonso Quarto
e Sergio Cola, aveva invece invocato l'assoluzione per De Falco,
basandosi soprattutto sulla consulenza di parte da cui era
emerso il contrario di quanto asserito dal consulente del pm,
ovvero che il solco lasciato dalla cordicella della tenda era
vitale e poteva essere stato fatale per la 55enne Romana
Danielova, con ciò avallando l'ipotesi del suicidio.
La difesa di De Falco ha inoltre realizzato un'autopsia
psicologica sulla donna, da cui è emerso che la 55enne aveva
disturbi della personalità.
"La Corte - commenta Alfonso Quarto, uno dei difensori di De
Falco - ha applicato a dovere le regole giudizio che la
Costituzione impone, cioè che nel dubbio non si deve condannare.
Per raggiungere il risultato, è stato determinante il lavoro di
squadra fatto con i consulenti, che ha permesso di ribaltare
l'accusa della Procura, che peraltro è sempre andata avanti con
decisione nella sua contestazione".
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