Gladiatori e cacciatori, dipinti da
bambini piccoli con il carboncino sui muri di un cortile di
servizio, nella casa del Cenacolo colonnato su via
dell'Abbondanza a Pompei, aiutano a capire meglio l'infanzia ai
tempi degli antichi romani. Come scrivono gli autori di un testo
pubblicato oggi sull'E-Journal degli Scavi di Pompei, non sembra
essere un problema solo dei giorni nostri, tra videogiochi e
social media - con la differenza che nell'antichità il sangue
sparso nell'arena era vero e che pochi ci vedevano un
"problema", con tutte le possibili ricadute sullo sviluppo
psico-mentale dei bambini pompeiani.
Nell'insula dei Casti Amanti, dove la scoperta è avvenuta
nell'ambito di un progetto di restauro, scavo e accessibilità e
che da oggi è visitabile "dall'alto" grazie a un sistema di
passerelle sospese, il Parco Archeologico di Pompei è impegnato
in un progetto di ricerca interdisciplinare per valorizzare i
tanti dati nuovi.
Oltre ai disegni dei bambini, per il cui studio il Parco ha
avviato una collaborazione con il dipartimento di
neuropsichiatria infantile dell'università Federico II a Napoli,
sono stati documentati i resti di due vittime, una donna e un
uomo, morti nei lapilli del Vesuvio davanti al portone chiuso
della casa dei Pittori al lavoro (chiamata così in virtù del
fatto che si stava ridipingendo al momento dell'eruzione);
all'interno della casa, è venuto alla luce un piccolo cubicolo
("camera da letto"), allestito come studiolo in prossimità del
tablinum (sala di ricevimento) della casa. Tra le scene
mitologiche un quadretto singolare, senza confronti del
repertorio vesuviano, con la rappresentazione di un piccolo
bambino incappucciato, forse un figlio deceduto dei proprietari.
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